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Anna Ascani tagliatrice incompresa

18 aprile, 2015 | Politica

Anna Ascani è una giovanissima deputata del Partito Democratico. Leggo su Wikipedia che è umbra, laureata in filosofia con tesi su "Accountability: la virtù della politica democratica" e approdata in Parlamento con la coalizione Italia Bene Comune. Un amore per i beni comuni tanto grande da portarla, in un recente talkshow, a sfidare il governatore veneto Luca Zaia a sopprimere circa la metà delle ASL della sua regione.

La sera stessa ne nasce una polemica su Twitter che vale la pena studiare, perché contiene in sintesi tutto il repertorio dialettico delle attuali politiche di spoliazione dei patrimoni e dei diritti dei più deboli.

Archetipo #1 - I tagli ai servizi sono "risparmi". Il contesto è quello del trionfo del symbolum (il denaro) sulla res (i servizi). Anni di insistenza sulle sofferenze contabili dello Stato, sulla coperta corta, sulle risorse che mancano (intendendo per "risorsa" l'unica cosa che non lo è, cioè il denaro) hanno prodotto nelle menti più deboli la convinzione che i soldi siano una ricchezza tanto preziosa da giustificare il sacrificio di ciò per cui esistono, cioè i beni reali - incluso quello più prezioso: la salute. Corollario conseguente è che il politico che utilizza il denaro per erogare servizi invece di risparmiarlo è colpevole. Se il denaro conta più dei beni, specularmente la virtù etica della parsimonia pubblica, con la sua promessa di soddisfare un bisogno collettivo di onorabilità, sostituisce e supera quella di assistere gli ammalati.

Ma questo non è che il primo livello della strategia. Impostato il contesto, la filosofa Ascani si cimenta sul piano empirico e dichiara di avere "idea dei numeri":

Archetipo #2 - Ciò che si va a tagliare è, per definizione, "spreco". Dai numeri sopra citati parrebbe che il Veneto, con una densità di ASL doppia rispetto all'Umbria, stia sprecando denaro pubblico. Ciò sarebbe però vero soltanto a patto che si dimostri che: 1) la qualità dell'assistenza sanitaria umbra sia almeno pari a quella veneta e 2) in Umbria la spesa sanitaria pro capite sia effettivamente inferiore. Condizioni che ovviamente la deputata si guarda bene dall'affrontare, perché entrambe false. Se la misurazione della qualità è incerta, va almeno detto che nelle classifiche ministeriali LEA l'Umbria si colloca regolarmente al di sotto del Veneto. Ma è sulla seconda condizione, quella più oggettiva, che il teatrino dialettico crolla. Il buon Mercanzin, chiamato in causa dall'orgoglio veneto, ha più di un'"idea dei numeri" e li presenta (fonte ISTAT):

Si scopre che il Veneto è la regione d'Italia con la minore spesa sanitaria pro capite e che quindi, evidentemente, la densità delle ASL non è un fattore di "spreco" in sé. Anzi, se il Veneto spende meno dell'Umbria a parità (come minimo) di efficacia e con una densità doppia, l'eventuale accusa di "spreco" dovrebbe essere rivolta a quest'ultima regione, non alla prima! La questione parrebbe risolta e la Ascani dovrebbe non solo scusarsi, ma ringraziare per l'informazione. Invocare lo stravolgimento della vita e della salute di milioni di persone senza neanche conoscere i dati di base sarebbe incredibile, salvo ipotizzare che numeri e "sprechi" non siano altro che il pretesto dialettico di una missione a prescindere: quella di rendere accettabili, anzi desiderabili, i tagli presso l'opinione pubblica che li subirà.

Ipotesi che diventa certezza quando la nostra, invece di ritirarsi con stile, passa alle maniere forti del terzo livello dialettico:

Archetipo #3 - Il dipendente pubblico è, per definizione, un peso. Se (truccando i numeri) non riesci a convincere i cittadini che bisogna tagliare i servizi, proponi loro di tagliare le persone. Ora, per la democratica (sic) umbra è addirittura "assurdo" che i cittadini non desiderino ridurre le ASL e quindi il personale che le dirige. Il fatto che si tratti - e nel caso del Veneto mediamente è così, lo dicono i numeri - di risorse umane competenti che svolgono un lavoro prezioso per la comunità è secondario rispetto al supposto desiderio degli italiani di sfoltire i ranghi del settore pubblico. Settore che ormai è, per riflesso pavloviano e a prescindere da ogni misurazione, uno spreco per identità ontologica. Ciò che spaventa (sì, spaventa) è che per la Ascani questo desiderio è, anzi deve essere, tanto irrazionalmente radicato nei cittadini da far loro dimenticare il proprio interesse, che è quello di godere di servizi efficaci per vivere dignitosamente.

Agghiacciante poi quel "dirigete ASL?", che negli anni Trenta avrebbe potuto tranquillamente essere "siete forse ebrei?". Parafrasando: "perché, invece di gioirne, vi opponete al licenziamento o al demansionamento di queste persone, visto che la cosa non vi tocca direttamente e vi fa pure risparmiare? Che vi frega? O forse siete anche voi dei parassiti?" Mettere le vittime l'una contro l'altra, creare un nemico interno - il parassita, il privilegiato, ma anche il terrorista - per distrarre la rabbia dei derubati è una tecnica antica che funziona (quasi) sempre. In questo caso però, non trattandosi né di un talkshow né di una convention PD, sulla sfortunata tagliatrice in erba piovono invece giustificate reazioni. Segue brevissima antologia:

Insomma per la povera pasionaria, chiaramente abituata ad altre platee, non si leva una sola voce amica. E non si sa se provare più pena o rabbia per una ragazzina che, senza nulla sapere, blatera di sovvertire un servizio che salva ogni giorno centinaia di vite e che per la quasi universalità degli italiani rappresenta l'unica possibilità di curarsi. Prevale probabilmente la seconda, perché non si tratta purtroppo di boutades da bar ma della posizione ufficiale di un governo che non si accontenta di distruggere ciò che ci rende civili, ma pretende anche di essere amato per questo.

In quanto alla nostra eroina, incredula e comprensibilmente scornata, non le resta che uscire dal personaggio e tornare in sé ricorrendo ad argomentazioni su cui ha - finalmente! - controllo e competenza:

 Una prece.

 

Commenti
IO
29 agosto, 2015
Questa è da prendere a schiaffi seduta stante. Con questa gente non serve + la diplomazia.

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