Quelli che la democrazia ci ha dato il nazismo (ridaje)

23 gennaio, 2017 | 82 commenti

Domenica 22 gennaio Il Giornale titolava: "Papa Francesco: Trump? Pure Hitler fu eletto". Il riferimento era a un'intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El País nello stesso giorno. Ma nell'articolo originale quella frase non appare, è frutto di un maquillage del titolista italiano. Alla domanda su Trump Bergoglio sospendeva anzi il giudizio («No me gusta anticiparme a los acontecimientos. Veremos qué hace») e parlava di Hitler solo più avanti, per spiegare al giornalista come funziona il populismo. Che in Sud America pare sia una cosa bella, addirittura che abbia a che fare col popolo:

Es lo que llaman los populismos. Que es una palabra equívoca porque en América Latina el populismo tiene otro significado. Allí significa el protagonismo de los pueblos, por ejemplo los movimientos populares. Se organizan entre ellos… es otra cosa. Cuando oía populismo acá no entendía mucho, me perdía hasta que me di cuenta de que eran significados distintos según los lugares.

In Europa è invece una cosa bruttissima, il populismo. E il suo archetipo illustre sarebbe - nientemeno - il nazionalsocialismo tedesco:

Claro, las crisis provocan miedos, alertas. Para mí el ejemplo más típico de los populismos en el sentido europeo de la palabra es el 33 alemán. Después de [Paul von] Hindenburg, la crisis del 30, Alemania destrozada, busca levantarse, busca su identidad, busca un líder, alguien que le devuelva la identidad y hay un muchachito que se llama Adolf Hitler y dice “yo puedo, yo puedo”. Y toda Alemania vota a Hitler. Hitler no robó el poder, fue votado por su pueblo, y después destruyó a su pueblo. Ese es el peligro. En momentos de crisis, no funciona el discernimiento y para mí es una referencia continua. Busquemos un salvador que nos devuelva la identidad y defendámonos con muros, con alambres, con lo que sea, de los otros pueblos que nos puedan quitar la identidad. Y eso es muy grave. Por eso siempre procuro decir: dialoguen entre ustedes, dialoguen entre ustedes. Pero el caso de Alemania en el 33 es típico, un pueblo que estaba en esa crisis, que buscó su identidad y apareció este líder carismático que prometió darles una identidad, y les dio una identidad distorsionada y ya sabemos lo que pasó.

Con il rispetto dovuto al Santo Padre (la cui infallibilità è fortunatamente circoscritta alle cose di fede), questa storia ripetuta a pappagallo sui presunti pericoli della democrazia, di un Hitler che fu eletto o di un Mussolini che fu acclamato, sta incominciando a stracciare. Tanto. Ma prima di vedere perché cerchiamo di mettere una parola pedante, e speriamo definitiva, sul giocattolino retorico di chi si fa saggio denunciando i pericoli della volontà popolare: cioè di quella degli altri.

Come spesso accade quando ci si accoda ai luoghi comuni, Bergoglio fa confusione con i riferimenti storici. La «crisis del 30» non avvenne affatto «después de [Paul von] Hindenburg»: l'ex feldmaresciallo Hindenburg occupò infatti la presidenza del Reich anche in piena crisi economica fino alla morte avvenuta il 2 agosto 1934, e fu anzi il maggiore responsabile istituzionale dell'ascesa di Hitler, avendogli concesso per primo i pieni poteri con il Reichstagsbrandverordnung (il Decreto dell'incendio del Reichstag) del 28 febbraio 1933.

Ma è soprattutto falso che «toda Alemania vota a Hitler». Il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori non arrivò mai a prendere neanche la metà dei voti tedeschi, nemmeno durante le ultime elezioni federali del 5 marzo 1933 (lì raggiunse il 43,9%), quando ormai da mesi le squadracce naziste imperversavano, aggredivano e minacciavano, e gli esponenti dei partiti di opposizione più forti erano quasi tutti in carcere o in esilio. Persino in quel frangente il perseguitato Partito Comunista di Ernst Thälmann riuscì ad aggiudicarsi il 12,3% dei voti.

Bergoglio dice che «Hitler no robó el poder, fue votado por su pueblo». Il che non è solo falso, come si è dimostrato, ma mortificante per l'interpretazione degli eventi che vuole suggerire. Hitler non ricevette affatto i poteri semidittatoriali dal «pueblo», ma direttamente dalle mani dell'aristocratico, filomonarchico e anticomunista Paul von Hindenburg con un decreto d'emergenza non dettato da necessità e valido sine die, di dubbia costituzionalità persino per gli standard laschi della Repubblica di Weimar. Per buona misura Hitler quel potere lo estorse anche, lo «robó» con le intimidazioni e le violenze delle Sturmabteilung (SA), un corpo paramilitare criminale per quanto impunito, che scorrazzava armato anche tra i banchi parlamentari della Krolloper quando vi fu approvato l'Ermächtigungsgesetz, il Decreto dei pieni poteri del 23 marzo 1933 che pose definitivamente fine alla democrazia consegnando tutti i poteri nelle mani del Führer. En passant quel decreto - e qui capiamo l'imbarazzo di Francesco - passò con i voti decisivi di un titubante Partito di Centro richiamato all'ordine dal suo presidente, il sacerdote cattolico Ludwig Kaas, consigliere del futuro papa Pacelli.

Insomma, a fare di Hitler un dittatore non fu il popolo ma l'élite. Furono gli Junker prussiani a cui appartenevano lo stesso Hindenburg e Franz von Papen, il principale sponsor del cancellierato di Hitler poi appuntato - sicuramente all'insaputa di Francesco - cameriere pontificio nel 1959 dopo una condanna in patria ai lavori forzati, e i grandi industriali e proprietari terrieri allarmati dalle crescenti rivendicazioni sindacali. Ai tanti, troppi, e comunque minoritari tedeschi che votarono Hitler si può certo rimproverare la volontà della dittatura, ma non la sua responsabilità.

A volerli studiare sui libri e non sui giornali, gli ultimi anni di Weimar ci offrirebbero davvero una miniera di spunti per decifrare anche gli eventi politici contemporanei. A partire dal cancellierato di Heinrich Brüning (1930-1932). l'accademico prestato alla politica che mise in ginocchio il suo popolo riducendo i salari, aumentando le tasse, tagliando la spesa pubblica, le pensioni e i sussidi di disoccupazione e cercando di rimettere in equilibrio la bilancia commerciale con politiche ferocemente deflative. Dove lo abbiamo già incontrato? Se Francesco se ne fosse ricordato forse si sarebbe anche reso conto che nel «líder carismático» i tedeschi di allora, come tanti europei e americani di oggi, non si illudevano di trovare «su identitad» (?) ma qualcuno che li salvasse dalla fame e dalla disoccupazione.

E dove abbiamo poi rivisto un anzianissimo presidente della repubblica come Hindenburg che, dopo una vita spesa in politica, utilizza il suo ruolo e il suo carisma per consegnare la democrazia nelle mani di un «salvador» avallando la dissoluzione di un governo eletto?

E che dire dell'incendio del Reichstag del 27 febbraio del '33? È mai più successo che un atto terroristico in un luogo simbolico, seguito da indagini lacunose e secretate, abbia offerto il destro per limitare le libertà costituzionali, incarcerare, perseguitare e uccidere in deroga al diritto interno e internazionale? O che il timore di quegli attacchi abbia fatto dire a poilitici e opinionisti che dobbiamo rassegnarci a governi più autoritari? È possibile che nessuno si riveda in quel film, di cui ricordiamo solo il finale?

Possibilissimo. Delle tante e utili lezioni impartite da quel capitolo di storia ci ripetiamo solo la più penosa, inopportuna e storicamente infondata: quella su quanto possa essere pericoloso far votare la gente. E rattrista osservare che anche un Pontefice si appiattisca sui ritornelli dei progressisti ignari e creativi, di quelli che nel momento di massimo attacco alla volontà popolare prestano il braccio ai suoi carnefici ricordando, e all'occorrenza inventando, gli errori delle masse al voto. Degli stessi di cui si è parlato già in questo blog, che nello strillare i pericoli della democrazia - che cioè la gente non vota come voterebbero loro - rievocano il consenso al nazifascismo e finiscono per partorire concetti di democrazia elitaria circolarmente identici a quelli teorizzati dal nazifascismo.

Anche quando è inconsapevole, anche quando è à la page, la violenza contro la storia è una violenza contro gli uomini. È la via per ripeterne gli orrori. Se Francesco non ha tempo di studiare gli eventi del passato recente e di afferrare l'enormità dei suoi ricorsi, perlomeno si astenga. A dare la colpa al popolo ci stanno già riuscendo benissimo altri, anche senza i volenterosi assist del "Papa del popolo".




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Giuseppe 27 novembre, 2017 21:11

"Si cum Iesu itis,non cum Jesuitis.Rectuo fixus calli ero."

Basta ed avanza.Il resto sono vacue parole di un"ignorante" che,appunto,su certi argomenti dovrebbe astenersi.

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Eleonora 12 marzo, 2017 20:55

Ottimo articolo, come sempre. Interessanti anche molti dei commenti.

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Roxgiuse 24 febbraio, 2017 23:53

Pedante va tutto bene? Sei stato così tanto silente solo da 15 giugno al 29 luglio 2015. Occorre nuovo post!

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Il Pedante 25 febbraio, 2017 01:37

La ringrazio per l'interessamento..! Ho appena pubblicato un articolo, sono tuttavia assorbito da altri impegni di scrittura.

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Roxgiuse 25 febbraio, 2017 10:12

Gentile @Il Pedante, se è uno scritto pubblicistico mi piacerebbe accedervi. Leggerla è sempre un grande piacere spirituale.

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Tibidabo 07 febbraio, 2017 13:21

Scusate l'off topic (se me lo si consente) ma ho trovato una perla fantastica.

Il responsabile per l'economia del PD Filippo Taddei, che insegna alla John Hopkins University, in un talk show del primo febbraio 2017 con Claudio Borghi racconta l'abbandono del vincolo di cambio col dollaro in Argentina avvenuto nel 2001.

Il "corralito", ve lo ricordate?

Ecco, il signore in questione, laureato e accademico, dice che l'Argentina AVEVA ADOTTATO UNA NUOVA MONETA CHE SI CHIAMAVA "CORALLITO" (con due "l" e una "r"!).

Borghi cerca di correggerlo e lui insiste.

Naturalmente in Argentina non è mai cambiata la moneta che è sempre rimasta il peso.

Vi linko il filmato.

A minuti 12:12 Taddei spara il primo sfondone, poi a 14:18 quando Borghi ribadisce che non è mai esistita una moneta chiamata "corallito" Taddei a mani giunte gli fa "Ma cosa sta dicendo".

https://m.youtube.com/watch?v=EC-mlK_NYZU

Guardate che questi sono segnali importanti, stanno perdendo la testa perché sono nel panico per quello che sanno succederà quest'anno.

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Il Pedante 07 febbraio, 2017 16:20

Caro Lei, come si vede che non frequenta Twitter.

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sergio 04 febbraio, 2017 23:09

Se mi permettete vorrei fare una corrispondenza storica, con i dovuti distinguo, sui meccanismi che hanno portato alle elezioni di Hitler in una Germania economicamente stremata e distrutta dall’obbligo dei pagamenti dei danni di guerra e quello che è successo negli Stati Uniti con l’ultima elezione di Donald Trump, dove il magnate ha trovato terreno fertile per i suoi voti da dati economici eccezionali lasciati dall’ex presidente Barack Hussein Obama dove circa il 60% della popolazione non ha 1.000$ sul conto corrente. (Sei americani su dieci hanno meno di mille dollari sul conto e uno su cinque non ha nemmeno un conto, dati desunti dal sondaggio condotto da Google Consumer Survey e ripreso dal Sole 24 Ore del 12-10-2015).

Il motivo per cui le élite degli Stati Uniti scelsero di entrare in guerra contro la Germania nazista, è racchiusa nelle parole del Gen. Britannico J.F.C. Fuller “la prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti ad interesse a nazioni in difficoltà economica; l’economia (del baratto) che aveva intrapreso Hitler per salvare la Germania dal collasso ne significava la sua rovina. Se gli fosse stato permesso di completarla con successo, altre nazioni avrebbero di certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto un momento in cui tutti gli Stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni; così che non solo la richiesta di prestiti sarebbe cessata e l’oro avrebbe perso valore, ma i prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega…… questa pistola finanziaria era puntata alla tempia, in modo particolare, degli Stati Uniti, i quali detenevano il grosso delle riserve d’oro mondiali, e perché il loro sistema di produzione di massa richiedeva l’esportazione almeno del dieci per cento circa dei loro prodotti per evitare la disoccupazione…….. “ frasi tratte dal suo libro ” Storia militare del mondo occidentale”.

Tesi confermata se ce ne fosse ancora bisogno dalle parole di Milton Eisenhower, il fratello del Generale Eisenhower, che disse: “Il Presidente Roosevelt ritenne necessario far entrare il paese in guerra per salvare le sue politiche sociali ”

Analizzando le parole del Generale Fuller e di Milton Eisenhower, presi a titolo di lucidi esempi traspare come l’economia, intesa nella sua più ampia accezione, appare ancora una volta la cinghia di trasmissione con cui le élite finanziarie nel tempo preparano e allestiscono il copione della storia.

Tornando ai giorni nostri, si vedono ancora molti illuminati scandalizzati vagare sotto shock di programma in programma commentando con acredine la vittoria di Donald Trump, e non paghi schiumando di rabbia non trovano di meglio che dare la colpa della sconfitta ai populismi, espressioni di basse pulsioni di povera gente la quale ha l’unica colpa secondo loro di votare seguendo la pancia (forse sono i morsi della fame) questi poveri definiti miseramente da una di quelle menti illuminate come Eugenio Scalfari così; “i poveri sono come le bestie, perché hanno soltanto bisogni primari” …si è vero Sig. Scalfari se la ricerca di una soluzione seppur rabberciata è sentita come un bisogno primario e Donald Trump è visto come il tentativo di scrollarsi il peso oramai insopportabile delle élite, io mi permetto di dirlo ben venga questo populismo ben venga questo bisogno primario e ogni altro movimento che desideri scardinare questo giogo.

Vorrei chiudere con le parole del giornalista Will Denayer, espresse pochi giorni dopo l’elezione di Trump:

“i liberali i neocon, gli ordoliberisti di fronte all’indicibile stupidità delle masse scuotono per lo sconcerto le loro incredibili teste. L’unica cosa che non vogliono mettere in discussione è la loro incapacità di riflessione, la loro mancanza di empatia con le masse di straccioni che purtroppo per loro votano. E nemmeno discutono della loro ipocrisia. Se i liberali non avessero voluto che la bestia (Trump) vincesse, non l’avrebbero dovuta creare. Se queste elezione ora vi mortifica è perché non vi siete scandalizzati abbastanza per ciò che l’ha preceduta.”

La storia con il suo continuo intrecciarsi di cause ed effetti non va solo letta o studiata ma va approfondita e capita, cercando di accostarsi ad essa senza preconcetti ed ideologie di sorta, e nell’articolo del Pedante, appare evidente che Bergoglio difetti diciamo almeno di metodo.

Saluti e grazie a tutti voi.

Sergio

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Ippolito Grimaldi 06 febbraio, 2017 22:03

Gentile @sergio,

Il motivo per cui le élite degli Stati Uniti scelsero di entrare in guerra contro la Germania nazista sarebbe stato il timore della creazione in Europa di un mercato basato sul baratto?

Ho capito bene?

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Leo Pistone 12 febbraio, 2017 03:32

Gentile @sergio, grazie per la citazione del generale Fuller. Completerei il pensiero di Demayer rilevando che le masse di straccioni, cui rivendico l'appartenenza con orgoglio, sono tali in quanto create da liberali, neocon e ordoliberisti per mezzo del loro egoismo irrefrenabile e del suo strumento, il capitalismo, che riconosce una sola legge, quella del profitto.

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Massimo De Angelis 04 febbraio, 2017 12:53

"Sì: i media, o meglio i loro editori, vogliono farci credere che quando ieri ci autodeterminavamo stavamo peggio di oggi, perché è loro intento negarci ulteriore autodeterminazione domani." (cit. Bagnai)

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Tibidabo 04 febbraio, 2017 09:30

Le é

Ite fanno il mestiere loro che è quello di implementare la propria egemonia.

Non si può fargliene una colpa.

Invece i subalterni che si accodano alle lamentele sull'insipienza della maggioranza (come da ultimo l'immancanile Andrea Scanzi che per darsi un tono aggiunge una virile parolaccia al suo commento: "La maggioranza ha quasi sempre preso decisioni di merda") questi subalterni accodati sono degli imbecilli pericolosissimi.

Non voglio farla troppo lunga e mi limito a un breve elenco molto incompleto di decisioni prese dalla minoranza "eletta".

1) pareggio di bilancio per di piu in costituzione votato alla chetichella e all'unanimità dall'intero parlamento

2) adesione al fiscal compact votato con le stesse modalità del pareggio di bilancio. Decisione due volte stupida (Scanzi direbbe "di merda") perché non solo dannosa per il paese ma perché del tutto inapplicabile quindi utilizzabile solo come ricatto per i paesi che si rifiutano di allinearsi nel tentativo di mantenere la loro dignità

3) entrata nell'euro senza accordi su una unione fiscale e con un cambio sbagliatissimo

4) Alan Greenspan che per anni avalla più o meno esplicitamente le politiche di credito al consumo con prestiti senza garanzia, sapendo benissimo che quei prestiti venivano cartolarizzati e che le agenzie di rating gli davano una valutazione positiva mentre allo stesso tempo si compravano i cds che scommettevano sul loro (inevitabile) fallimento (di cui le agenzie erano perfettamente al corrente).

Greenspan anni dopo si giustifica dicendo che in buona fede pensava che il mercato si sarebbe autoregolato

5) guerre in Iraq e in Afghanistan, la prima raccontando al mondo intero la vergognosa menzogna delle armi di distruzione di massa (non) possedute da Saddam

6) alla concessione dell'ondipendenza alle ex colonie afrocane i comfini vengono tracciati secondo le comvenienza delle ristrettissime élite occidentali senza tenere minimamente conto delle divisioni tribali in quel continente le quali sono l'unico possibile criterio di ripartizione di un territorio, molto più che i fattori geografici o - appunto - dei criteri a capocchia degli ex colonizzatori.

Risultato: milioni e milioni di morti negli ultimi cinquant'anni in guerre di una violenza animalesca si cui le illuminate minoranze sono le unichw responsabili.

Chiudo con un esempio: quando Mugabe va al potere fa comodo agli inglesi quindi il fatto che appena insediato uccida ventimila 'Ndebele viene accettato serenamente (chi ha mai sentito parlare degli 'Ndebele?)

Poi quando si decide a espropriare - non ad ammazzare - i discendenti dei coloni dello Zimbabwe tutti a dare addosso al feroce dittatore.

L'élite possiede l'informazione, la usa per incanalare le opinioni secondo i propri fini e finché ci riesce sostiene la democrazia (che gli servw comw grimaldello per scardinare i regimi meno disponibili alla sottomissione).

OGGI QUESTO DIVENTA SEMPRE PIÙ IMPOSSIBILE E IMMEDIATAMENTE LE ÉLITE SPINGONO LA STAMPA A DICHIARARE LA DEMOCRAZIA UN PERICOLO.

Ma stanno cambiando molte cose e il giochetto gli si sta rompendo fra le mani.

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Mikez73 04 febbraio, 2017 14:13

Gentile @Tibidabo,

eccomi! Io ho sentito parlare degli 'ndebele o matabele che dir si voglia! Ma per il semplice motivo che in Zimbabwe c'ho vissuto, anche se ormai è passato più di un quarto di secolo. In verità io ero nella regione Mashonaland. Lei conosce per esperienza diretta o per letture?

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Tibidabo 04 febbraio, 2017 16:49

Gentile @Mikez73,

Lo Zimbambwe per letture, il Sudafrica, il Senegal, il Ghana, il Kenya, l'Egitto per esperienza diretta.

Non so nulla di lei e non generalizzo ma conosco molto bene la mentalità dei vecchi boer e degli inglesi in Sudafrica.

Spero che non avrà pensato che stessi facendo l'apologia di Mugabe.

Però so molto bene come la pensa la maggioranza dei bianchi in Africa, come si sono comportati e come si comportano.

La cosa singolare, che non troverà nei libri ma solo per "esperienza diretta", è che questi signori non se ne rendono conto.

PS: avrà notato che ho elencato sei punti nel mio post.

Se non è intervenuto su quelli assumo che è d'accordo con me.

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Mikez73 05 febbraio, 2017 00:30

Gentile @Tibidabo,

no no affatto, peraltro dubito che qualcuno possa fare l'apologia di Mugabe. Ero solo curioso di sapere se aveva vissuto lì. Non sono uno di quelli che ha provato il mal d'Africa tornando, come ho sentito spesso raccontare ad altri. Però ecco, se sento Ishe Komborera Afrika entro in un tunnel temporale… mi fa effetto madeleine, lo cantavo ogni mattina a scuola, ero poco più di un ragazzino all'epoca. Lo Zimbabwe era un posto bellissimo, ma spaccato. Ci può essere bellezza assieme alla sterminata bidonville alle porte di Harare?

Sul P.S. sì certo avevo letto i 6 punti, che però coprono tanti campi, su alcune cose sono più d'accordo, su altre meno, come per esempio il punto 3 (credo che l'euro fosse una disgrazia a prescindere, unione fiscale o cambio per quanto favorevole). Né mi azzarderei a dire che il giocattolo gli si sta rompendo tra le mani, ma magari ha ragione lei. Saluti

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Queequeg 05 febbraio, 2017 11:16

Gentile @Tibidabo,

Anch'io so chi sono gli 'Ndebele e so di Gukurahundi e della Quinta Brigata.

Cosa vuole...fatalità con quella gente... vuole paragonare un semplice eccidio di ventimila neri all'esproprio di un nobile discendente di coloni bianchi?

Ha detto di conoscere il Sudafrica quindi immagino che sarà stato al ristorante della figlia di Totò a Johannesburg.

Ma di pittoresco italiano in Sudafrica c'era anche altro e cioè una nutrita e vivacissima colonia di fascisti legati al terrorismo nero e ai servizi. Chissà come mai quei signori pensavano di andare tutti in Sudafrica...non si sa...

Bel posto, ordinatissimi paesaggi olandesi finalmente soleggiati come mai in Europa e poi improvvisamente la savana africana, il mare bellissimo del Kwazulu Natal, quello gelido di un azzurro indescrivibile di Cape Town e la gentilezza all'antica della gente.

Gentilezza...se sei bianco...

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Peter Gower 03 febbraio, 2017 22:33

Mah, il procedere di Bergoglio poteva stupirmi qualche anno fa ma non mi stupisce ora. Mi sto sempre più convincendo, anche sulla base di mie deludenti esperienze personali con i membri del clero, che la Chiesa sia di fatto la quinta colonna del sistema politico/economico vigente, che essa ha aiutato a creare e che ora sostanzialmente difende con una critica astratta al Capitalismo con la "c" maiuscola, il cui unico effetto è deviare l'attenzione dai veri responsabili del disastro in cui versiamo e dalle sue cause specifiche; il tutto al fine di dar luogo ad un inutile tentativo di lasciare le cose come stanno, che, diciamocela francamente, al clero vanno di lusso (nonostante ciò poi crei un emorragia di fedeli, perché alla fine la gente lo capisce che non sono credibili; ma, alla fine, chi se ne frega, l'8xmille lo prendono comunque!). Dico "inutile" perché alla fine il tracollo del sistema coinvolgerà anche loro, come coinvolse la Chiesa al tempo del Fuhrer, costretta ad accettare di buon grado, e senza fiatare, il neopaganesimo di regime.

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Tibidabo 04 febbraio, 2017 16:55

Gentile @Peter Gower,

Nick name da un antico documento sulla massoneria citato in una lettera di John Locke.

Peter Gower sarebbe la storpiatura in pronuncia inglese di Pythagoras.

In quell'antico documento si sostiene che la massoneria fu inventata dai "Venetians" che però anche qui è la storpiatura di "Phoenitians".

https://books.google.it/books?id=A1RbBgAAQBAJ&pg=PA97&lpg=PA97&dq=peter+gower+venetians+john+locke&source=bl&ots=vTQBqIALud&sig=FJTCgrJPsmjrmm9lCFo4pXTB_Po&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwikp9S-5vbRAhWFsI8KHWTfC7sQ6AEIHjAC#v=onepage&q=peter gower venetians john locke&f=false

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mdertliu 31 gennaio, 2017 13:42

intervengo a chiosa, solo per condividere una riflessione che ripercorre il senso dell'articolo, estremamentr utile, oltre che ben scritto. I critici della democrazia, esumando una posizione di Crizia, ritengono che la oligarchia illuminata sia la miglior forma di governo. L'argomento e' che, in quanto piu' sapienti e intelligenti della massa, gli illuminati sono nella migliore posizione per compiere le scelte politiche. Queste infatti interessano tutti, e sarebbe davvero assurdo affidarle a chi, pur essendo maggioranza, non ha gli strumenti cognitivi per una decisione consapevole. A questa teoria si da oggi il nome di neo-conservatorismo, neo-funzionalismo o neo-feudalesimo. Di neo non ha nulla, come si vede nella Storia del pensiero classico, tranne la fortuna nella applicazione al tempo presente e in ogni tempo, perche' come ogni ideologia che elogia l'elite, piace all'elite. Nella stria della integrazione economica europea, il piu' grande rappresentante di questa corrente e' Jean Monnet e il suo dirigismo, degno interprete della Scuola Francese Superiore di Amministrazione.

Cosa c'e' che non va nel ragionamento? Proprio il suo postulato: che non siamo intelligenti allo stesso modo. Manca una definizione univoca di intelligenza. Vi e' una intelligenza teorica, che e' quella degli accademici, vi e' un'intelligenza emotiva, propria degli scrittori e degli investigatori inquirenti, vi e' una intelligenza creativa, quella di tutti gli artisti. Intellegere del resto, significa semplicemente capire: e' intelligente chi capisce un fenomeno, ne coglie i proncipi ma anche i dettagli, lo veste di coerenza e di razionalita' . Poi eventualmente lo divide con il mondo.

L'errore in cui cadono tutti gli elitisti, dico, tutti, e' di confondere l'intelligenza tout-court, con una sola sua determinazione, che e' l'intelligenza tecnica. E neppure tutta, ma una parte minima di essa, che e' l'intelligenza tecnica nelle aree delle cosiddette professioni intellettuali (finanza, politologia, amministrazione, diritto). E' infatti evidente che se ci limitiamo a questi settori, ben pochi sono i titolati e legittimati al governo della cosa pubblica.

Ricordo un mio professore di universita' quando mi disse che anche un perfetto idiota puo' fare il profesdore, e che anzi il dato rappresenta la media.

Ed e' vero. La specializzazione e' indice di maggiore preparazione in un settore, ma non di superiore sapienza. E per essere un esperto basta sapere il come, non il perche' dei fenomeni che si studiano. Del resto nessuno si sognerebbe di dire che un meccanico e' piu' intelligente di uno scienziato perche' gli sa riparare la macchina. Eppure c'e' una tendenza sociale a ritenere piuttosto evidente il contrario, dato che il sistema educativo ci abitua a pensare che le arti astratte siano piu' esigenti intellettualmente delle applicazioni concrete. Ma e' appunto una costruzione parziale, adattata a un certo tipo di vita associata in una economia relativamente sviluppata, che abbandoneremmo all'istante se il meccanico e lo scienziato si trovassero in una isola deserta a cercare di sopravvivere. Cambiando le regole del gioco cambiano i parametri di valutazione dell'intelligenza che e' intrinseca in ognuno di noi.

L'errore degli elitisti sta tutto in questo: confondere un settore dell'intelligenza (l'intelligenza tecnica in materie determinate) con l'intelligenza tout-court, che tutti abbiamo perche' tutti ognuno a modo suo, dobbiamo sopravvivere. La democrazia poggia su questo postulato e ne trae un vantaggio consistente rispetto ad ogni altro sistema di governo perche' la politica migliore e' quella che fa gli interessi di tutto il gruppo, e non di una sola parte, e che il piu' delle volte consiste semplicemente nel prendere una scelta, attraverso un criterio di senso comune.

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Mikez73 02 febbraio, 2017 08:53

Gentile @mdertliu,

il suo commento è molto bello, e intelligente. Con due caveat però (così, giusto per fare il cazzone anglofono) non di poco peso:

1 - distinguerei tra élite e élististi, cioè apologeti più o meno consapevoli e più o meno espliciti dell'oligarchia cosiddetta intelligente. L'élite vera tutto mi sembra tranne che si sbagli sui fondamentali, sulla direzione principale. Gli apologeti che fanno propaganda invece, e che dell'élite vorrebbero far parte senza riuscirci, possono sparare anche minchiate a josa, e in effetti le sparano, soprattutto dopo i 90 anni quando i freni inibitori e scalfarosi evidentemente vengono meno.

2 - temo, non ne sono sicuro ma lo temo, che parlare di questo problema solo in termini di intelligenza ci faccia rimanere nella cornice tecnocratica che appunto ci tiene in gabbia. Non è un caso che abbiamo torme e torme di intelligenti che non ci stanno capendo una fava, anzi, sono dei cojoni fatti e finiti.

Forse dobbiamo rivalutare altre facoltà e altri organi al posto dell'intelligenza e del cervello, o almeno al loro fianco: il coraggio per esempio - il cui organo quale sarebbe? il fegato, il timo? Oppure l'intuito, del quale in verità l'organo mi sfugge.

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mdertliu 02 febbraio, 2017 20:28

Gentile @Mikez73,

condivido in pieno il tuo punto. In effetti se i termini di un problema, per complesso che sia, vengono ridotti ai suoi fondamentali, tutti siamo in grado di compiere una scelta consapevole, perche' tutti sappiamo ragionare in termini di mi conviene/non mi conviene.

Un esempio: la democrazia ci ha portato il nazzismo. Se io mi affido al postulato il risultato e' evidente: appoggio la costituzione di un governo oligarchico, che e' meno della autoritario della dittatura, ma piu' autoritario della democrazia (che mi porta il nazzismo).

La nostra Pedante ha fatto una operazione verita' e ha smontato la bugia.

Adesso con i dati corretti, chiunque con piena consapevolezza (tranne gli irriducibili) preverisce la democrazia, perche' la democrazia gli conviene.

Ripeto, i problemi hanno aspetto complesso, ma radici semplici.

Il compito dei corpi intermedi e' mettere al nudo queste radici per permettere al popolo di compiere scelte consapevoli,

Qui lo fa chi ci ospita. Ma istituzionalmente, e storicamente, era la funzione dei partiti politici che sono essenziali in una democrazia.

E' tornato ad esserlo in uno dei partiti politici italiani, speriamo che contagi il resto.

PS: mi concedo un piccolo sfogo OT ma non troppo. Per pubblicare su riviste scientifiche, anche di gruppo A, non serve dire la verita', basta saper scrivere bene. Scrivere bene in senso accademico significa citare molte fonti accademiche, tutte autorevoli, riportare molti dati, anche essi tratti da organismi autorevoli, e fare delle conclusioni coerenti con quei dati. E basta. Non serve sbilanciarsi, dire qualcosa di utile, sviscerare la verita', il perche' delle cose. Basta il come. Anzi una delle critiche piu' frequenti che si fanno ai giovani ricercatori e' quella di dire troppo: non perche' sia sbagliato, ma perche' e' meglio mantenersi neutrali. Si arriva al punto che si preferiscono tesi campate in aria ma molto eleganti, all'applicazione pura della teoria ai fatti, per dire semplicemente le cose come stanno. Anzi a questo fenomeno si e' dato un nome: controintuitivismo.

Il ferreo rispetto della regola puo' fare la differenza fra ottenere o no un assegno di ricerca o una cattedra. Ma il sui rifiuto marca la differenza fra un accademico qualsiasi, ed una referenza (che conunque io non sono).

Resto sgomento, ogni giorno, nel vedere come si possa avanzare dicendo il niente o il falso, di come le istituzioni scientifiche nel giorno per giorno preferiscano la forma, al contenuto.

Mavvabbe' era una cosa mia!

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Mikez73 03 febbraio, 2017 09:01

Gentile @mdertliu,

grazie per la gentile risposta, anche se io non sono tanto d'accordo col tuo punto invece. Non vorrei essere più realista del Re, cioè più pedante del Pedante, ma insisto: il problema è proprio riuscire a eradicare il principio di utilità - il mi conviene/non mi conviene, che si porta dietro l'intelligenza come organo preposto al suo riconoscimento - quale fondamento del vivere sociale. Non lo è.

È un delirio psicotico che dall'apologetica economica è tracimato in ogni aspetto della vita umana, in parallelo ovviamente con la trasformazione di ogni aspetto della vita - umana e non - in merce, e con la trasformazione del denaro da oggetto il cui valore era deperibile a Metro assoluto e eterno, e perciò capitalizzabile - cioè accumulabile.

Il cittadino che vota consapevole temo sia l'equivalente dell'agente razionale che compra/vende. Un feticcio che distoglie l'attenzione e al contempo mantiene in piedi la grande finzione.

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Peter Gower 03 febbraio, 2017 23:04

Gentile @mdertliu, per favore non darmi il dolore di confondere Jean Monnet con Platone; potrei non risollevarmi più dal colpo subito (:-)

Per Platone i filosofi sono gli unici degni di guidare la polis non certo perché in possesso di una conoscenza tecnica specifica non posseduta dagli altri e di cui fanno uso per tutelare le elites. La filosofia è l'esatto opposto della specializzazione, in quanto essa costituisce il sapere che è a fondamento di tutti i saperi poiché di tutti i saperi (tecnici) ricerca le cause profonde sottoponendoli alla critica della ragione. E' in quanto in possesso di un grado di distacco critico che il tecnico - totalmente immerso nella sua arte o sapere di cui si considera "specialista" -, non potrà mai possedere, che il filosofo è in grado di svolgere una critica dei saperi evidenziandone limiti (pensa alla critica platonica dell'arte sofistica o della poesia) e ovviamente potenzialità.

Da un altro punto di vista poi, per Platone il filosofo è colui che è uscito dalla simbolica "caverna" (oggi ben rappresentata dalla propaganda eurista) e, per gradi, è arrivato alla contemplazione del Bene - ovvero della verità delle cose, qualunque forma specifica essa possa poi assumere-, di cui egli vuole rendere partecipi i suoi concittadini ancora immersi nelle tenebre dell'illusione, e ciò anche a costo della vita (Socrate sappiamo che fine fece; e Platone stesso subì l'umiliazione di esser venduto schiavo).

La critica di Platone alla democrazia per la sua tendenza a trasformarsi in tirannide purtroppo è corretta, ed i fatti di cui è partecipe la nostra martoriata nazione lo dimostrano. Avevamo una democrazia di altissimo livello che ha prodotto un benessere mai visto prima ma ciò non la ha salvata dal finire preda della tirannide eurocentrica.

Penso che prendere coscienza con serenità dei limiti della democrazia non significhi negarla tout court ma cercare di utilizzare tutti i modi possibili per evitare che essa abbia gli esiti negativi sui quali Platone ci mette in guardia.

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Mikez73 04 febbraio, 2017 15:43

Gentile @Peter Gower,

mi permetto di intervenire anche se il suo commento non era rivolto a me.

Su Platone: non sono così esperto da potermi permettere di intavolare una discussione approfondita, e perciò rimando al libretto che mi fa da guida alla questione, "L'odio per la democrazia" di Jacques Ranciére, in cui al Platone anti-democratico (parola che uso per brevità e da intendere cum grano salis) è dedicato il capitolo, molto bello, "La politica o il pastore perduto" pp.43-61.

Per dirla succintamente con parole mie, il problema è che viviamo nella tirannide dei filosofi (anche qui cum grano salis) - o almeno con i filosofi come ministri. Quindi, che si fa?

Invece mi soffermo sull'ultimo punto, quello più attinente al post del padrone di casa, e domando: che c'entrano i limiti della democrazia con la situazione in cui versiamo da oltre un quarto di secolo, che di democratico ha ben poco? Anche prendendo la parola nell'accezione più pop e più propagandata, cioè come "governo della maggioranza" (sintagma la cui comicità ormai viene capita anche da molti adulti consenzienti), al massimo si può dire che il problema è l'opposto, cioè che le nostre democrazie non sono abbastanza democratiche.

La più ferale decisione per l'Italia dai tempi dell'entrata in guerra di Mussolini è stata decisa dal popolo bue? Non mi pare proprio. C'è un divertente video in rete nel quale, al bravo imprenditore eurista (e importatore) brambilla che cerca di iniziare il suo intervento a "Piazzapulita" con un timido "gli italiani hanno deciso di entrare nell'euro...", risponde il buon Sgarbi, come al solito calmissimo, urlandogli contro a tutta gola: "il popolo italiano non ha deciso un cazzo… ma quando ma dove, ma a chi? è stata una decisione che ha preso Ciampi, l'ha presa Prodi e vaffanculo! Non gli italiani. Io ero in parlamento all'epoca, e non ho deciso un cazzo! Quindi non dica gli Italiani, non parli per me."

Il presunto popolo europeo si è mai riunito in assemblea plenaria per vedere come fare 'sti benedetti Stati Uniti d'Europa? Non mi pare, anzi, ogni volta che sono state interpellate dagli anni '90 in poi, le sagge popolazioni europee hanno sempre, univocamente, detto no - danesi, olandesi, francesi, irlandesi, adesso pure i britannici. Ogni volta che gli si è fatta la domanda diretta hanno risposto di no. E avevano ragione.

Quelli che si preoccupavano della democrazia erano le élite, casualmente proprio all'inizio della restaurazione del laissez-faire, laissez-inculer, come gentilmente ebbero l'accortezza di farci sapere grazie a Crozier, Huntington e Watanaki, nel loro famigerato "The crisis of Democracy: report on the governability of democracies to the Trilateral Commssion", New York University Press, 1975.

D'altra parte si sa, ai tempi antichi, era buon segno se il capretto che andava sull'altare per il sacrificio, facesse un cenno di assenso con la testa. Dobbiamo pure acconsentire...

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mdertliu 04 febbraio, 2017 16:11

Gentile @Peter Gower,

non mi sarei mai permesso... il mio riferimento non era al Crizia Platonico, ma al Crizia Storico.

Platone lo esalta nel dialogo per amore di nipote, d'altrinde gli zii so' piezz' e core.

Ma il governo dei trenta tiranni ebbe gli esiti che ebbe nella democratica Atene (carcere, deportazione nelle campagne ed esilii, spoliazione dei meteci, soppressione delle liberta' civili...).

Platone del resto ci mette in guardia sui pericoli della trasformazione autoritaria della democrazia, avendo davanti agli occhi la fondazione pen piu' reale di una dittatura oligarchica.

Io non sono per il potere sviscerato dalla responsabilita'. I filosofi, che io chiamo corpi intermedi (intellettuali, politici, imprenditori, giornalisti, ecc), devono esistere, e devono pure come dice platone, reggere le sorti della cosa pubblica. Essi sono i migliori che la societa' ha prodotto e hanno il dovere di adoperarsi per il bene pubblico. A differenza di Crizia pero' devono rendere conto del loro operato al resto dei cittadini che li hanno eletti.

Perche' il fascino del potere e' forte in tutte le epoche. E il disprezzo della dignita' degli altri, i meno istruiti, i meno evoluti, temo, pure.

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Peter Gower 05 febbraio, 2017 11:15

Gentile @Mikez73, Mi sembra che lei confonda filosofi e tecnici, che, lo ripeto, appartengono a due categorie diverse di uomini nel pensiero di Platone; il tecnico è lo specialista in una disciplina specifica (l'economista è un tecnico della disciplina economica, l'ingegnere delle scienze ingegneristiche, etc.), il filosofo platonico invece non è specialista in nessuna disciplina (la proverbiale "inutilità" del filosofo dal punto di vista tecnico è in questo senso giustificata, poichè egli non "produce" nulla), tuttavià proprio il suo non avere quel grado di coinvolgimento nella sua arte che condiziona l'agire del tecnico gli permette di svolgere una critica di tutte le arti e scienze, mettendo in evidenza ciò che di buono ma anche di cattivo vi può essere in esse rispetto al bene di tutti i cittadini della polis, che per Platone è compito del filosofo tutelare.

Il filosofo infatti, non essendo un tecnico legato agli interessi di parte, è in grado di coordinarli ed armonizzarli tutti in vista del bene supremo della polis, non di una parte dei suoi membri a discapito di un'altra.

E non si dica che questa è un'aspirazione utopistica, al contrario: nessuna società in cui gli interessi di alcuni cittadini siano tutelati a scapito di quelli di altri può preservarsi a lungo, com la storia (anche recente) chiaramente dimostra.

Il governo dei filosofi autentici è quindi necessario secondo me, qualsiasi formà esso possa prendere. Ovvio che anche un tecnico che sia capace di elevarsi al di sopra dei limiti della propria arte e dei gruppi di interesse di cui è espressione può diventare, in misurà più o meno grande, un filosofo (Bagnai, Barra Caracciolo e anche lo stesso Pedante sono riusciti farlo, eppure sono, mi sembra, l'eccezione nelle loro rispettive categorie professionali).

Oggi noi viviamo, come mostrato dallo stesso linguaggio quotidiano (gli appelli alla necessità di "governi tecnici" ne sono una riprova), nell'era dei tecnici, i quali sono ritenuti gli unici in grado di realizzare il bene della polis, e ciò a torto, perchè i tecnici sono sempre legati a quei gruppi di interesse che si servono delle loro competenze tecniche, pagandole spesso lautamente (la polemica platonica contro i sofisti è in fondo una polemica contro dei tecnici dell'arte della parola che essi utilizzavano nei pubblici dibattiti per difendere gli interessi dei loro ricchi clienti).

Sulla democrazia: concordo sul fatto che ce ne vorrebbe di più, nel senso che i cittadini dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella gestione della cosa pubblica, tuttavia mi sembra innegabile, come ho scritto, che, nonostante la nostra democrazia fosse una di quelle dotata di istituzioni del grado più avanzato, essa non sia riuscita ad evitare di sfociare in una tirannide (quella eurocratica). Perchè ciò è avvenuto? Dove il sistema di pesi e contrappesi voluto di nostri Padri Costituenti non ha funzionato? Rispondere a queste domande mi sembra essenziale, non al fine non di voler abolire là democrazia tout-court ma di restaurarla su basi nuove ed evitare, per quano possibile, che problemi simili si ripresentino in futuro.

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Peter Gower 05 febbraio, 2017 11:20

Gentile @mdertliu, concordo totalmente con le sue precisazioni; mi limito a questa risposta telegrafica per non ripetere considerazioni già svolte nella mia risposta a @Mikez73

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Mikez73 06 febbraio, 2017 00:38

Gentile @Peter Gower,

non è che li confondo, per sbaglio o ignoranza, dico che, pur diversi, hanno lo stesso valore posizionale all'interno delle rispettive società: sono i possessori della Verità (o almeno possiedono i titoli per cercarla e eventualmente trovarla) e di conseguenza essi solo hanno (o avrebbero) la legittimità per governare.

Laddove per "tecnici" al giorno d'oggi bisogna ovviamente leggere "scienziati". Va bene tornare alle origini, ma non credo si possa fare un'analogia bruta tra l'Atene del IV secolo a.C. e la società di oggi prescindendo dalla rivoluzione scientifica del '600, in base alla quale è cambiato - per dirla brevemente e con un linguaggio da esame universitario su Foucault, ma non me ne vengono di migliori - il regime di verità. Il modello di conoscenza con la m maiuscola ormai da quattro secoli è la scienza, con la s maiuscola. Anche agli occhi della filosofia.

Il governo dei filosofi autentici al giorno d'oggi, ribadisco, è quello di Draghi e Monti, scienziati, i quali sottoscriverebbero la cosa senza problemi, anzi l'hanno già fatto apertis verbis - "al riparo dal processo elettorale". L'ossatura del ragionamento è sempre la stessa. Se poi invece mi vuole fare il nome di un uomo in carne e ossa che possa assumere il ruolo di questo super-filosofo io sarei anche curioso.

La democrazia è uno scandalo, perché è il governo di chi non ha i titoli (di nascita, età, ricchezza, sapere) per governare: è il governo degli incompetenti. Laddove per "governo" si intenda la "decisione sulle questioni" e non ovviamente la loro realizzazione pratica, quella sì demandata ai tecnici e agli esperti - per restare alle nostre democrazie parlamentari.

Temo che ogni volta che si invochi più conoscenza e più sapere per l'elettorato si finisca per imboccare lo stesso vicolo cieco, sempre che non si voglia affrontare lo spiacevole fatto che in Italia nell'ultimo quarto di secolo l'elettorato più informato e più colto, tra cui il fior fiore dei filosofi e l'intellighenzia di sinistra tutta, si sia rivelato come una delle più stolide e ributtanti armate di cojoni che la storia non solo patria abbia mai visto.

Posto che sarebbe bello che tutti fossimo informati e super colti (ma che non tutti hanno il pomeriggio libero per leggere i giornali dopo tre ore la mattina a scuola, per quanto faticose, e che magari uno che lavora 8 ore al giorno e ne impiega altre due o tre per gli spostamenti e c'ha pure un paio di figli a cui lavare le mutande forse la sera, dopo cena, invece che sciropparsi i dondolii di un Michele Serra vorrebbe dormire) la mia soluzione all'impasse è la seguente (e se uno ne ha di migliori io sono tutto orecchi): che le vere questioni in gioco, in cui ogni tanto, quando capita, l'elettorato è chiamato a rispondere, riguardano il conflitto, la lotta - se uno vuole aggiungere di classe prego, ma non è necessario - la sopraffazione, in sintesi la legge del più forte, materia nella quale siamo tutti laureati credo entro il quinto anno di vita, con master e PHD entro il decimo.

Se la democrazia, che dovrebbe risolvere pacificamente i conflitti, ha potuto sfociare nella tirannide eurista è perché si è fatto finta che il conflitto fosse scomparso e che bastava seguire la semplice amministrazione scientifica, cioè burocratica, delle cose e degli uomini. Ma era una pia illusione per alcuni e una menzogna ben imbastita per altri: una parte ha sopraffatto l'altra. Chi non era impegnato a dondolarsi sull'amaca l'ha capito ben prima. Ma non credo che esista un sistema di regole, o una filosofia la cui verità possa mettere tutti d'accordo eliminando così il conflitto - di solito è la menzogna con cui gli scribi tengono in scacco gli schiavi. Se non c'è il conflitto non c'è neanche bisogno di lottare.

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Peter Gower 06 febbraio, 2017 17:44

Gentile @Mikez73, grazie per le sue puntuali precisazioni che mi permettono di chiarire perché avessi pensato che lei non avesse capito il mio pensiero; l'incomprensione nasce dal fatto che ci poniamo da punti di vista diversi nell'affrontare la questione "cos'è un tecnico e cos'è un filosofo". Dal mio punto di vista i personaggi da lei menzionati non sono filosofi, nel senso etimologico di "amici della sapienza", poiché, per essere amico di qualcuno o qualcosa, si deve necessariamente non solo porne e rispettarne l'esistenza come "altro" rispetto a sé, ma anche ritenere che questo "altro" (nel caso specifico la "sapienza") sia dotato di un valore ad esso intrinseco ed indipendente dal soggetto che pensa tale valore.

Al contrario, i soggetti da lei menzionati, Foucault e tutti i grandi esponenti del post-modernismo, negano che i concetti fondamentali della filosofia siano dotati di una oggettività intrinseca, sostenendo che siano invece il risultato di una combinazione di componenti di natura socio/politica facilmente disassemblabili per mezzo della critica decostruttiva, quindi privi di una loro validità intrinseca.

Il post-moderninsmo crea oggettivamente un vuoto, filosofico, valoriale e di conseguenza politico (la fine della storia di Fukuyama, la fine delle ideologie, affermatasi nello stesso linguaggio comune), vuoto che, però, sfortunatamente, non rimane tale, ma viene ben presto riempito da una nuova metanarrativa: il neoliberismo, con la sua cieca fiducia nella capacità autoregolante dei mercati, nella infallibile capacità gestionale dei tecnici rispetto ai politici fannulloni e corrotti, nel libero scambio senza barriere di persone, informazioni e merci; una illusione di libertà, questa, che sappiamo bene a che esito ci ha condotto, alla peggiore delle dittature, quella in cui chi è schiavo non è nemmeno consapevole di essere tale.

La crisi del 2008 ha mostrato la fallacia di questo sistema - il quale sembra scricchiolare ogni giorno di più (vedi la vittoria di Trump ed il ritorno del concetto di nazione sovrana) -, perché, salutato dal post-modernismo come il superamento di ogni metanarrativa, si è rivelato, nella sua assurdità, molto più illogico, assurdo e pericoloso di qualsiasi metafisica o religione.

Posto ciò, se vogliamo veramente uscire dall'impasse ed evitare che il collasso del sistema, con il caos che determinerà, rappresenti una ghiotta occasione di schiacciare ancor di più i diritti dei lavoratori, occorre fornire un paradigma nuovo, che, sì, a mio modo di vedere, richiede anche un ritorno a quanto di meglio ha prodotto il nostro passato, in primis l'Atene di Platone, ed anche una critica agli aspetti più deprecabili della modernità e della scienza stessa (per es. quella che Heidegger chiamava la "dipartimentalizzazione" del sapere ovvero l'incomunicabilità dei diversi saperi scientifici, o la riduzione della natura a mera quantità misurabile in vista del suo sfruttamento illimitato).

Come altri ben più qualificati di me hanno messo in luce, dell'ideale impossibile post-modernista e sessantottardo della "libertà totale" è il ricco che si avvantaggia, non il povero, non il proletario, che prospera invece in un sistema in cui uno Stato, espressione della volontà popolare che in esso si rifletta, stabilisca "valori non negoziabili" (per rubare l'espressione a Ratzinger), quali, ad esempio, i principi fondamentalissimi su cui la nostra Costituzione si basa, i quali, a mio giudizio, è compito primario del filosofo difendere. La filosofia o ha un ruolo civile volto alla difesa della verità e del bene del popolo, come affermato da Platone, oppure non è filosofia, ma si riduce a sofistica, ad arte della parola, a disposizione del miglior offerente. Un vero filosofo non può quindi che essere "pastore di uomini" (Platone, Politico, 267a-c).

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Mikez73 06 febbraio, 2017 22:59

Caro @Peter Gower, grazie per gli spunti.

la discussione però si sta pericolosamente allargando e purtroppo non ho molto tempo a disposizione, per cui mi limito solo a una piccola nota bibliografica.

Per quanto si possa parlar male di Foucault, e ultimamente va abbastanza di moda, resta che se si parla tanto di neoliberismo, in campo filosofico e non solo, è grazie (o colpa) anche sua, che ne aveva parlato già a fine anni '70 nei suoi corsi al collège de France. Le lezioni verranno poi pubblicate con il titolo "Nascita della biopolitica", e vi si trovano l'analisi delle scuole dell'ordoliberalismo tedesco e del neo-liberalismo della scuola di Chicago.

Il minimo che si possa dire è che ha avuto una certa lungimiranza, o almeno un certo naso.

Tuttora le cose migliori che si possono leggere sull'argomento, in campo filosofico, sono di stampo foucaultiano. Penso a libri usciti pochi anni fa, come quello del filosofo italiano Giovanni Leghissa, "Neoliberalismo. Un'introduzione critica" (Mimesis), o a quello dei francesi Dardot e Laval, "La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista." (Derive Approdi).

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Peter Gower 12 febbraio, 2017 11:04

Gentile @Mikez73, grazie delle sue indicazioni bibliografiche, sono sempre felice quando qualcuno mi insegna qualcosa di nuovo.

Non mi stupisce che Foucault abbia criticato il neoliberismo, dato che, come ogni metanarrativa, anch'esso rientra nel campo d'azione della critica decostruttiva, il problema però rimane, nella sua devastante semplicità: in nome di cosa si può criticare il sistema di sfruttamento neo-liberista? Il post-modernismo non può rispondere a questa fondamentale domanda, perchè ciò implicherebbe il porre un'ulteriore metanarrativa fallace, quindi non risponde, lasciando il mostro neo-liberista libero di operare indisturbato, canalizzando al contempo il dissenso delle "masse colte" in una critica politicamente sterile e salottiera del sistema. Per me il post-modernismo e l'intero "pensiero debole" degli "intellettuali" "de sinistra" à la page è il miglore alleato che il neoliberismo possa avere.

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Stalin Alive 30 gennaio, 2017 22:34

a proposito della presa di potere di Hitler http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-366781a4-f147-4b38-8b01-8462eebc204d.html

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Alberto T. 30 gennaio, 2017 20:13

Caro Pedante,mi complimento per questo post e nello stesso tempo sono seriamente preoccupato per chi propone opinioni controcorrente,di qualsiasi genere e di qualsiasi colore esse siano.Raccontare 'male' un fatto storico è ri-costruire la Storia ad uso politico contingente e risulta molto dannoso se questo proviene da Enti o Autorita' apicali.Questa linea di tendenza è insieme insidiosa e difficile da confutare,perche' richiede,come dimostra tanto il Suo post quanto il puntiglioso commento di Catilina qui sotto:tempo di rilettura-studio-compilazione e rimodulazione confutativa.

La tempesta politico-mediatica degli ultimi mesi propone una contrapposizione micidiale e squilibrata tra la narrazione edulcorata delle elite dominanti sostenuta dai media mainstream e dall'altra la contronarrazione del reale da parte delle elite controcorrente e dei social. Per questo mi pare (con una notevole dose di frustrazione) che la reazione del Sistema dominante nell'ambito della narrazione mediatica possa essere vincente sul breve termine.

E questo importa a chi detiene le leve del potere e dell'informazione:raccontare una Verita' Breve che rintuzzi la contestazione immediatamente sfiancando,demotivando il dissenso che necessita di tempi lunghi per dimostrare la veridicita' della realta' fattuale e consentendo di incidere sulla pubblica opinione. La Sua divulgazione come quella di tanti intellettuali e spiriti critici è indispensabile per sostenere la 'battaglia' di consapevolezza,completezza e verita' perche' le molteplici invenzioni antisocial (fake news-post verita'-complottismo con la censura come obbiettivo finale) abbinate alla incessante,falsa informazione dei media tradizionali ottengono risultati reali (vedi clamorosi esiti di panico diffuso della campagna sulla non-epidemia di meningite). Comprendiamo che questi effetti visibili siano sottoprodotti delle reazioni politiche che usano la denigrazione dialettica del dissenso (xenofobia-populismi-post fascismi-neonazionalismi-sovranismi) per annichilirne la forza contestatrice.Il risultato finale è spaventoso.Affiora una sensazione (e spero sia solo mia) quella del Sig.Winston di fronte al Partito:solitudine-colpa-vergogna-rassegnazione-resa. Sara' sufficiente continuare ad essere controcorrente, fin quando sara' consentito, su un monitor?

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giuseppe vetrugno 29 gennaio, 2017 15:48

Bellissimo commento, come tantissimi altri che ho avuto il piacere di leggere, condividendone il contenuto per la gran parte. Mi permetto solo di sottoporre alla tua attenzione un mio distinguo: il popolo tedesco che, minoritario e trascinato dalla sue lite, volle la dittatura, divenne anche responsabile di quella nel momento in cui, posto di fronte ad evidenze conclamate, non fece nulla o comunque fece troppo poco per provare a modificare il corso degli eventi. E' vero che la storia la scrivono sempre i vincitori, ma le immagini delle truppe britanniche che entrano nella apparentemente placida cittadina di Bergen disorientate da un odore opprimente, quello proveniente dal vicino campo di concentramento di Bergen-Belsen, dimostrano in maniera oserei dire quasi inequivocabile come neppure posti di fronte all'evidenza della rovina, con l'odore nauseabondo dei cadaveri in decomposizione, neppure lì, quei tedeschi minoritari ebbero un sussulto: hanno convissuto con l'orrore fino all'ultimo secondo e solo quando furono costretti dalle truppe britanniche a toccare con mano quei cadaveri e a guardare con i propri occhi quelle fosse comuni che giacevano a poche centinaia di metri dalle loro stucchevoli casette a schiera, solo allora forse capirono. Come si fa dunque a mostrarsi indulgenti nei confronti di una loro responsabilità?

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Il Pedante 29 gennaio, 2017 16:08

Mi dispiace, ma sull'"essere indulgenti", "giustificare", "scusare" ecc. si esce dal mio ambito di osservazione e di interesse. La storia va capita per essere evitata.

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giuseppe vetrugno 29 gennaio, 2017 17:16

Gentile @Il Pedante, non mi riferivo alla dimensione della colpa (morale), ma alla dimensione della responsabilità (giuridica: quella per cui non aver impedito l'evento equivale a cagionarlo).

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Il Pedante 29 gennaio, 2017 17:47

Gentilissimo, non facciamo confusione. La colpa giuridica è stabilita dalla legge. Il nazismo fu un crimine morale, non giuridico, essendo l'ideologia di uno stato sovrano e quindi legislatore. I tedeschi di allora non avevano l'obbligo di fermare il loro governo (da cui l'eventuale reato omissivo), ma al contrario sarebbero stati (e lo sono stati, si stimano oltre un milione di condanne) perseguiti qualora lo avessero fatto. Riconosco che si tratta di temi interessanti, ma che eccedono ampiamente il focus dell'articolo.

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barbara 29 gennaio, 2017 22:02

Non è vero. I tedeschi antinazisti hanno tenuto duro, con le unghie e con i denti fino al 33. Poi li hanno ammazzati/imprigionati tutti. Gli sforzi profusi da chi ha avuto modo di andare in esilio sono stati senza esito ma non per loro colpa. Alcuni tedeschi - il più noto è Willy Brandt - sono scappati per andarsi ad arruolare in eserciti di altri paesi per combatterli quando è scoppiata la guerra. Subito dopo la sconfitta di Stalingrad nuove generazioni di oppositori sono state stroncate. Alcuni militari - la nota "Cappella Rossa" sono state giustiziate per aver passato informazioni all'armata rossa. Noi leggiamo come una mancata resistenza il fatto che non si sia sviluppato un fenomeno analogo a quello italiano o francese. Dovremmo ricordare che la resistenza armata italiana nasce dopo il 25 luglio ossia dopo la caduta del fascismo e a seguito di occupazione nazista. Prima anche da noi solo gruppi piccoli in clandestinità o in esilio o in carcere. I nazisti la resistenza se la sono stroncata prima, con la presa del potere. Il fascino ne ha avuto meno bisogno. A una maggiore opposizione si contrappone un attacco più crudele del potere. Consenso ne hanno avuto - in modi diversi - entrambi i regimi, almeno da una parte della popolazione.

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ws 29 gennaio, 2017 23:35

Gentile @giuseppe vetrugno,

lei sostanzialmente sostiene il "teorema norimberga" che cioe' i tedeschi erano ( e sono ) TUTTI colpevoli in quanto tedeschi .

Io contesto ,questo principio in quanto ingiusto perchè non esistono colpe collettive ( o tutti i siciliani sono colpevoli di mafia ? ) e maligno nella pretesa del vincitore di giudicare moralmente le colpe del vinto assolvendo le proprie.

E le ricordo poi che questo " teorema" potrebbe essere domani applicato a TUTTI a cominciare dagli ebrei per quanto un governo ebraico ha fatto e fa agli arabi palestinesi. Come dice? , questo non puo' avvenire perche' gli arabi non hanno (ancora) vinto ? Si certo , questo non può (ancora) avvenire ma questa osservazione smaschera che il "teorema" ha il solo fondamento "giuridico" nella forza del ( momentaneo) vincitore.

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giuseppe vetrugno 30 gennaio, 2017 20:31

Gentile @ws, mi sono reso conto di aver contribuito ad alzare un polverone che rischia di offuscare il senso delle riflessioni de Il Pedante, che non avevano certo come scopo quello di approfondire la questione della ripartizione delle colpe, ma semmai quello di stimolare la nostra attenzione sulle mosse passate, presenti e future delle elite, sulle influenze che queste hanno esercitato e continuano ad esercitare dai tempi del confronto tra Otane, Megabizo e Dario in poi.

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Catilina 29 gennaio, 2017 11:08

Gentilissimo Pedante, è da parecchio tempo che la seguo e ho sempre apprezzato i suoi articoli avendoli trovati molto interessanti e fortemente stimolanti.

Anche se, come è giusto che sia in una corretta dialettica, non sempre ho condiviso appieno le sue opinioni; si è trattato comunque di sfumature marginali.

Questa volta però sono in completo disaccordo rispetto all’analisi di fondo da lei sostenuta.

E’ riuscito nell’arduo compito di farmi schierare dalla parte di papa Francesco. Non l’ho mai apprezzato e pur non essendo cristiano preferivo di gran lunga papa Benedetto decimosesto, meno mondialista e più tradizionalista. Ma tant’è.

Infatti, a mio parere, esclusa l’imprecisione su Hindenburg, l’analisi del sommo pontefice è sostanzialmente condivisibile.

Prima di esporre quelli che io trovo essere i punti critici del suo articolo credo sia necessaria una breve premessa onde evitare equivoci e fraintendimenti.

Non di rado vengo etichettato in vario modo. Le più ricorrenti etichette affibiatemi sono quelle di “comunista” quando ho a che fare con persone che si definiscono di destra e “fascista/nazista” quando ho a che fare con persone che si definiscono di sinistra.

Fortunatamente non sono uno che si offende e faccio spallucce. Comunque più semplicemente mi definisco un socialista massimalista.

Ma veniamo adesso al nocciolo della questione.

1) Capitale Nazionale vs Capitale Transnazionale

Che Hitler abbia ricevuto finanziamenti dalla grande industria tedesca è vero ma che questi finanziamenti siano stati il fulcro del successo del NSDAP è l’interpretazione “marxistica” degli accadimenti. L’apporto massiccio venne da oltre oceano. I tre principali cartelli industriali di Weimar (Vereinigte Stahlwerke, AEG & Osram, IG Farben) furono tutti e tre finanziati da Wall Street e tutti e tre a loro volta versarono quattrocentomila marchi-oro in vista delle elezioni del ’33. Il giornalista-storico Pierre Faillant de Villemarest (partigiano francese anti-nazista) calcola la cifra ricevuta dal NSDAP in trentadue milioni di dollari (dell’epoca) dal 1929 al 1932 considerando solo il denaro americano.

Comunque non passò molto tempo che “Hitler e i Nazional-Socialisti, che arrivarono al potere nel 1933, si opposero al cartello delle banche internazionali iniziando a stampare la propria moneta…biglietti di cambio non inflazionati, chiamati Certificati Lavorativi del Tesoro (Ellen Brown in “Come la Germania in bancarotta risolse i suoi problemi economici”).

2) La scelta di Hindenburg e Franz von Papen

Paul Ludwig von Hindenburg, presidente della repubblica, non aveva grandi simpatie per Hitler, fu tuttavia convinto da suo figlio Oskar e da Franz von Papen (cattolico, tradizionalista, nazionalista, monarchico, conservatore ma soprattutto abile manovratore di intrighi che portava l’appoggio dei grandi industriali del Ruhr ma con importanti contatti con finanzieri inglesi e americani) a concedergli il cancellierato mettendogli al fianco persone ritenute fidate che si sperava lo controllassero/arginassero. Cosa che poi non avvenne, ma che non potevano sapere.

La Germania attraversava una fase complessa e gli optimates pur di scongiurare la deriva comunista, grandemente temuta dall’élite dell’epoca, ben consci di cosa fosse successo in Russia dopo la vittoria dei bolscevichi, decisero di appoggiare il semisconosciuto Adolf Hitler nella convinzione di poter etero-dirigere gli eventi (una cosa molto simile avvenne in Italia con Mussolini negli anni ‘20). Del resto in Germania all’epoca era presente il partito comunista più forte e strutturato al di fuori dell’URSS e inoltre Stalin attraverso i Comintern sovvenzionava agitazioni un po’ ovunque. E non ho dati che mi confortino circa la bontà delle “squadracce comuniste”; perché c’erano! E non mi risulta utilizzassero fiori e ghirlande per ribellarsi al sistema capitalistico rappresentato dall’industria, dalla finanza e dai membri del governo.

3) Dai primi due punti non ricaviamo nulla di nuovo.

I poteri forti intrigano e finanziano qualsiasi movimento o alternativa pur di mantenere il controllo o di dominare il dissenso. Ovvero esiste una “supervisione” del corso politico ma questo non significa che tutto vada sempre secondo i piani. Ciò che hanno fatto o stanno facendo la CIA o George Soros è sotto gli occhi di tutti, con i successi ed i fallimenti delle varie “rivoluzioni colorate” in giro per il mondo. Ormai è cosa nota che Podemos in Spagna, Syriza in Grecia e il M5S in Italia non sono altro che dei contenitori per il dissenso fintamente anti-euro creati e foraggiati dall’alta finanza. L’opposizione è meglio crearsela, che subirla. Il nostro politologo Gaetano Mosca ideatore della teoria sull’elitismo (fine ottocento/inizio novecento) chiarifica che la tripartizione aristotelica delle forme di governo (monarchia/dittatura, oligarchia e democrazia) non sia altro che il fenotipo (mi si lasci passare la terminologia mutuata dall’ambito medico, a cui appartengo) mentre il genotipo è solo uno: quello oligarchico. Ed è quindi normale che l’oligarchia dominante cerchi di auto-difendersi a rischio anche di “cavalcare la tigre” se il momento storico lo richiede. E quello era un momento storico estremamente delicato. La Germania, devastata dalla prima guerra mondiale, schiacciata da un ingente debito di guerra, senza più riserve auree, senza flotta militare, con flotta mercantile ridotta alle sole navi a piccolo tonnellaggio, senza esercito, annichilita da quasi 7.000.000 di disoccupati, distrutta economicamente per industrie fallite o chiuse cercava la sua identidad? Certo che si. E’ altrettanto ovvio che il popolo vada dietro chi gli prometta sicurezza e cibo. Tutte le cellule dell’organismo debbono ricevere nutrienti. Non potrebbero in alcun caso esprimere concetti profondi. I neuroni che rappresentano all’incirca solo il 2% di tutte le cellule del corpo umano sono quelle che dirigono e nobilitano le sensazioni e le richieste di tutte le altre cellule dell’intero organismo.

Probabilmente, come lei ha lasciato intendere, non esistono dittatori eletti dal popolo ma possiamo stare certi che non esistono governi democratici che non siano voluti dall’élite. Lenin a questo proposito ebbe a dire: “la democrazia è l’involucro del capitalismo”.

4) Incendio del Reichstag

La maggioranza degli storici concorda sul fatto che l’incendio del Reichstag, evento che diede inizio all’ascesa del partito nazional-socialista, fu causato da un agitatore comunista, tale Marinus Van der Lubbe.

Il suo tentativo di screditare l’iter giudiziario appare ai miei occhi un pendio scivoloso. Aspetto comunque la relativa documentazione. Procedendo però di questo passo occorrerà rivedere la regolarità di tutti i processi che hanno avuto impatto su eventi rilevanti, a partire da quello di Norimberga. Per esempio qualcuno potrebbe domandarsi come mai coloro che sganciarono due ordigni nucleari su due città abitate da soli civili non siano saliti insieme ad i tedeschi sul banco degli imputati ma addirittura fossero dalla parte degli accusatori.

Ammettiamolo. I tempi erano bui. La Germania post Versailles era un posto molto pericoloso in cui vivere e questo è da attribuire soprattutto alle criminali imposizioni anglosassoni. Imposizioni ricordo inflitte ad una nazione sconfitta dalla fame e non dalle armi.

5) “Ai tanti, troppi, e comunque minoritari tedeschi che votarono Hitler”

Trovo capziosa la sua interpretazione dei dati elettorali presi in esame. Secondo me parlare del 43,9% come minoranza in un sistema multipolare è azzardato oltre che fantasioso. Questo dato, invece, rappresenta sicuramente una minoranza in un sistema bipolare. A riprova di quanto affermo in Italia, proprio di recente, la Consulta ha salvato il premio di maggioranza al 40 % a dimostrazione del fatto che il superamento di tale soglia venga considerata un limite oltre il quale si può parlare di vittoria maggioritaria in un sistema multipolare, partendo probabilmente dall’assunto che in un sistema democratico multipolare sia quasi un’utopia raggiungere il 51%. Nelle elezioni del 1933, su 35 zone (in cui viene divisa la mappa elettorale della Germania), il NSDAP vince in 33; solo 2 finiranno alla coalizione di centro. Per un movimento che nel ’28 era al 2,6% e appena due anni dopo, nel ’30, al 24,2% si può parlare di risultato strabiliante. Credo che Grillo si farebbe asportare un rene per ottenere un risultato simile e con lui molti altri.

Si pensi solo che negli Stati Uniti nelle ultime elezioni, in un sistema sostanzialmente bipolare, cosa che assolutamente non era la Germania Weimariana dove come ha lei ricordato il Partito comunista ottenne oltre il 12% dei voti, nessuno ha messo in dubbio la strepitosa vittoria di Trump pur avendo incassato molti meno voti del partito democratico e con solo, si fa per dire, 30 stati conquistati su 50. Risultato ben lontano dal dato tedesco del ’33 a cui potrebbe riferirsi il santo padre quando parla di «toda Alemania vota a Hitler».

Più verosimilmente però il pontefice, e qui crolla la sua infallibilità ai miei occhi, non si riferiva alle elezioni del 5 marzo 1933 ma bensì al plebiscito del 12 novembre dello stesso anno, dove quaranta milioni e mezzo di tedeschi votarono per Hitler dandogli il 95% dei suffragi.

6) Quanto poi alle “squadracce naziste”, che nessuno nega, sembrerebbe quasi che lei stesse parlando di un fenomeno strano e unico in una situazione normale. Non dimentichiamo che la Germania fatiscente e ai limiti della sopravvivenza versava in condizioni miserrime, per cui i cittadini affamati, io credo, sarebbero stati disposti a tutto per un tozzo di pane a prescindere dal colore politico. Inoltre, la Germania proveniva, come lei ha doverosamente sottolineato, da tre anni di cancellierato di quel gentiluomo di Heinrich Brüning (una sorta di Monti al cubo).

Contro l’élite capitalista credo che l’utilizzo della violenza sia più che legittimata. Dato che loro usano l’arma economica per affamarci e ridurci in schiavitù. E’ davvero convinto che la pacifica contestazione o i suoi più che ottimi e illuminanti articoli inducano le élite a cambiare atteggiamento? La risposta sarebbe retorica.

Sono decenni ormai che ci educano alla non violenza ma loro con noi sono di una violenza inaudita.

La storia è la versione dei fatti di chi detiene il potere. Non dimentichiamocelo mai.

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Il Pedante 29 gennaio, 2017 15:22

Gentile lettore, trovo che le Sue informazioni sviluppino quanto ho scritto con utili integrazioni, ma non mi sembra che lo contraddicano.

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Cincinnato 29 gennaio, 2017 19:18

Gentile @Catilina, lei si definisce socialista massimalista ma le sue argomentazioni presupporrebbero invece una certa sintonia con il nazional socialismo per cui le definizioni in premessa sono una escusatio non petita per la seconda, comunista non puo' proprio essere definito, mentre molto centrato per la prima. Naturalmente niente di piu' lontano da un socialista massimalista nella sua accezione storica e fattuale.

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Silvia (Marie Antoinette) 29 gennaio, 2017 20:38

Gentile Catilina

1) L'ascesa di Hitler è stata finanziata/appoggiata/ sopportata in pratica da tutti i paesi occidentali, Vaticano compreso. Inizialmente anche da ebrei inglesi o americani.

2) La funzione anti-comunista di Hitler ha condizionato anche la scelta arbitraria e paternalistica di Hindenburg e von Papen.

3) I poteri forti manipolano e finanziano qualsiasi movimento pur controllare sia il consenso che il dissenso ma, se non esistono governi "democratici" che non siano voluti dall’élite, è anche vero che questi governi possono fare politiche più o meno contrarie o favorevoli agli interessi del popolo che dovrebbero rappresentare. E aggiungo che le situazioni non scappano di mano per caso: Keynes* lo aveva previsto, ma chi muove i fili da dietro le quinte non è interessato alle conseguenze che provoca perché è convinto di esserne al di sopra (e nella maggioranza dei casi è così).

4) Sull'incendio del Reichstag non so.

5) Il 43,9% in un sistema multipolare è senz'altro uno schiacciante successo. Comunque la marea di folla estasiata è sufficiente a provare che una grande parte di tedeschi (probabilmente oltre la maggioranza assoluta) non era soltanto favorevole a Hitler ma lo adorava.

Possiamo quindi sostenere che la democrazia ci ha dato il nazismo?

A meno di non considerare la democrazia semplicemente una X su una scheda, secondo me no.

Catilina, ha ben tratteggiato le ingerenze finanziarie straniere e la situazione insostenibile di tanti tedeschi esasperati: in queste condizioni non c'è libertà di scelta. Quindi sono d'accordo con il Pedante: la sua dettagliata analisi non contraddice ma avalla la tesi che non è stata la democrazia a darci Hitler.

Su Trump non so cosa pensare.

Da una parte apprezzo il coraggio di chi ha votato contro il partito falso-democratico.

D'altra parte Trump non è rassicurante.

Comunque trovo anacronistico, ipocrita e molto interessato il timore dei sedicenti democratici per una possibile deriva autoritaria a destra dal momento che questa è iniziata alcuni decenni fa ed è stata portata avanti sia dai repubblicani che dai "democratici"; Trump non è che il frutto di questo processo.

Se è paternalistico, presuntuoso e antidemocratico cercare di impedirgli di governare potrebbe essere pericoloso permetterglielo.

Se accadesse il peggio, il responsabile non sarebbe il popolo ma chi lo ha tradito lasciandolo senza una vera alternativa. In altre parole il responsabile non è la democrazia ma chi l'ha usurpata.

* da keynesiana so bene cosa significhi essere invisa simultaneamente tanto alle persone che si definiscono di destra quanto a quelle che si definiscono di sinistra.

Per me Francesco non è stata una delusione, sono atea e sono sempre stata molto negativamente colpita da tutti i papi, però dovendo proprio esprimere una preferenza: aridatece Ratzinger!

Rispondi

Peter Gower 03 febbraio, 2017 23:14

Gentile @Catilina, Concordo in pieno con la Sua analisi

Rispondi

Catilina 04 febbraio, 2017 19:07

Gentile @Il Pedante,

Intanto La ringrazio per aver pubblicato il mio commento non del tutto in linea con il suo articolo.

Dal suo commento e da quello di Silvia ho evinto di non essermi espresso adeguatamente e in sintonia con il mio pensiero, per cui ho dato origine a delle false interpretazioni. Pertanto proverò ad esprimere meglio le mie idee.



1) Analisi del voto tedesco del 1933

La Repubblica di Weimar nel ’33 contava all’incirca 62.000.000 di anime.

Alle elezioni del 5 marzo del 1933 il Partito Nazional-Socialista dei Lavoratori (NSDAP) prese il 43,9%, il Partito Socialdemocratico (SPD) il 18,3% (7.516.243 voti), Il Partito Comunista (KPD) il 12,3% (4.848.058 voti), il Centro Cattolico l’11,2% e Il Partito Nazionale Tedesco (DNVP) l’8%.

Tutti i dati esposti sono tratti da wikipedia; ho evitato di riportare i partiti locali estremamente minoritari.

Prima di proseguire con questa breve analisi voglio ricordare che il tycoon Alfred Hugenberg, presidente del partito di destra liberista e capitalistico (DNPV di cui sopra) nonché proprietario del noto colosso di editoria e stampa Hugenberg-Konzern, a proposito di Hitler ebbe a dire: “Incastreremo Hitler…. Tra due mesi l’avremo messo con le spalle a muro e si metterà a piangere”.

Il 12 novembre del 1933 Hitler con un plebiscito ottenne circa 40.500.000 voti che corrispondevano al 95% dei suffragi (alcuni autori parlano del 93%). In altri termini possiamo quantificare tra i due (5%) e i tre (7%) milioni di persone coloro che non votarono il NSDAP.

Ora facendo due calcoli rapidi e veloci, in relazione alle elezioni di marzo, possiamo affermare con ragionevole certezza che coloro che non votarono Hitler numericamente rappresentavano una forza inferiore a quella del solo Partito Comunista o del solo partito di destra di Hugenberg, che ricordo avversava il NSDAP.

Il movimento Hitleriano, quindi, attinse a tutti gli altri partiti politici dell’epoca di qualsiasi colore politico essi fossero. Sostenere, eventualmente, che il voto di opposizione ad Hitler fosse stato monocolore è a mio parere azzardato oltre che ridicolo. Il risultato, da qualsiasi angolatura lo si voglia guardare appare eccezionale.

2) Discussione sull’élite

Nel I libro della Repubblica di Platone, Socrate discute con un personaggio molto interessante, tale Trasimaco. Costui propone la sua interpretazione di giustizia: “il giusto è l’utile del più forte”.

Questa frase, che ha attraversato tutto il pensiero europeo, mise in imbarazzo sia la democrazia ateniese che tutta la bella e cosmetica impalcatura democratico-egualitaria occidentale.

Trasimaco pone in relazione il concetto di giustizia con quello di legalità. Ciò che è giusto, dunque, equivale a ciò che è reputato giusto dal più forte.

Sarebbe opportuno fare i conti con questa intuizione. Non a caso Karl Marx scrisse: “le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”.

Quindi sorge spontanea una domanda: Chi comanda realmente?

Per rispondere a questa domanda necessariamente dovremmo uscire dal “frame” democratico/egualitarista e discutere seriamente dell’élite.

Scrive il politologo Vilfredo Pareto: “ i popoli, salvo brevi intervalli di tempo, sono sempre governati da un’aristocrazia, intendendo questo termine nel senso etimologico e volgendo a significare i più forti, energici e capaci, così nel bene e nel male. Ma per una legge fisiologica di sommo momento le aristocrazie non durano, onde la storia umana è l’avvicendarsi di quelle aristocrazie, mentre una gente sale e l’altra cala”.

Quindi se si vuole intraprendere un’analisi seria della distribuzione del potere e della ricchezza necessariamente si dovrebbero fare i conti con queste minoranze ben organizzate. Prendere atto di ciò e superare la condizione giuspositivista di uno stato costituzionale che garantisce l’uguaglianza di diritto dei propri cittadini. Qualcuno la legge la promulga e la fa rispettare. Trisimaco direbbe il più forte. Gramsci disse: “esistono dirigenti e diretti, governati e governanti”.

Dunque le élite non rispondono alla domanda “cosa voglio?” ma a “cosa debbo fare per preservare il potere?”.

Quindi trovo del tutto naturale che, tra l'altro, abbiano finanziato Napoleone, Hitler, Trockij, Mussolini e via discorrendo, nel tentativo di controllare un dissenso montante. Le disparità e le disuguaglianze nell’Europa di inizio secolo scorso erano marcatissime. Ma il fatto che questi personaggi abbiano preso i soldi non sta ad indicare che siano finiti al potere perché messi dall’élite, tutt’altro. Il sistema democratico presuppone i finanziamenti e le campagne elettorali costano. Nel '33, Hitler non era l'unico a ricevere i soldi. L’SPD e il KPD qualcuno li finanziava, e possiamo anche immaginare chi.

In ogni caso le élite, ieri come oggi, debbono sapersi immettere nel corso degli eventi e il popolo ne rappresenta il principale e naturale interlocutore in quanto è l’elemento che ne legittima il potere. Senza di esso non si va da nessuna parte.

Un’eccessiva astrazione,però, di questo rapporto (élite/popolo) tende a far cadere l’élite mediante l’insorgenza di un’altra élite.

Il voto tedesco rappresenta, a mio avviso, il “breve intervallo” a cui faceva riferimento Pareto. Decadeva (in Germania) un’élite (quella capitalista rappresentata da Bruning e dall’alta finanza) e se ne faceva spazio un’altra (quella nazionalsocialista).

Mutatis mutandis si può dire lo stesso del voto americano. Se così non fosse oggi avremmo la Clinton come “presidenta” oppure non ci sarebbe stato Brexit.

Mi affido nuovamente alle parole di Pareto: “Ogni élite che non è pronta a dare battaglia per difendere le sue posizioni, è in piena decadenza, non le resta che di abbandonare il suo posto ad un’altra élite in possesso delle qualità virili che le mancano. E’un puro sogno, se immagina che i principi umanitari da lei proclamati saranno applicati ne suoi confronti: i vincitori faranno risuonare alle sue orecchie l’implacabile vae victis”.

Ed infatti abbiamo assistito alla demonizzazione di quell’élite nazionalsocialista. Credo non abbia tutti i torti Ernest Nolte quando rigetta la definizione di nazionalsocialismo come “male assoluto”, perché ciò impedirebbe di comprendere appieno tutte le dinamiche e i fatti del secolo scorso e non permetterebbe alcun paragone con altri eventi ritenuti negativi, divenuti così mali minori. Se vi è un “male assoluto” tutti gli altri mali (il bombardamento di Dresda, le bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki e via dicendo) divengono necessariamente “mali relativi”.

Recentemente negli Stati Uniti il Popolo, come nel ‘33, ha decretato una discontinuità rispetto al passato. Una nuova élite pare stia venendo alla ribalta. Lo scontro sarà duro. O la nuova élite verrà battuta/assorbita da quella preesistente o avrà la meglio. Non ci sono altre strade.

Quindi ribadisco di condividere l'analisi di papa Francesco.

La democrazia ci ha dato il “nazismo”.

Rispondi

Il Pedante 04 febbraio, 2017 19:52

Mi scusi, ma sta scherzando? Alle elezioni del 12 novembre 1933 si presentava UN SOLO PARTITO: quello nazista. Che aveva GIA' il potere assoluto (conferitogli da Hindenburg & co., NON dal popolo). Su come si svolsero quelle elezioni, Le consiglio di fare qualche facile ricerca online. Ovviamente i tre milioni a cui Lei si riferisce erano schede nulle, non persone "che non votarono il NSDAP".

Sulle élite condivido il discorso generale anche se ho una mia impostazione teorica un po' diversa, ma non conosco l'élite "nazionalsocialista" del '33. Lì dentro ci ritroviamo il solito von Papen, è l'élite che aveva fatto spazio a Hitler per i suoi fini. Salvo delusioni e defenestramenti, normali in ogni avvicendamento.

Rispondi

Silvia (Marie Antoinette) 05 febbraio, 2017 00:55

Gentile @Catilina,

che sarebbe finita così l'ha scritto Keynes nelle "Conseguenze economiche della pace".

Era certo che le durissime riparazioni imposte alla Germania avrebbero portato il continente, nel giro di due o tre decenni, a un secondo conflitto – e, come scriveva alla madre già in una lettera del 1917, alla «scomparsa dell’ordine sociale come lo abbiamo fin qui conosciuto».

Che fosse il nazismo di Hitler piuttosto che altro, cosa cambia?

Certo Keynes aveva una lucidità non comune ma, più che di scelta democratica dell'elettorato tedesco, riterrei responsabili gli errori di Versailles.

Rispondi

Catilina 05 febbraio, 2017 22:18

Gentile @Il Pedante,

Mi conforta constatare che ci sia una sostanziale sintonia sul secondo punto mentre rimane aperta la discussione sul primo punto, ovvero il consenso popolare che portò al potere Hitler.

Io vorrei sorvolare sulla modalità del voto in quanto lo ritengo un problema marginale trattandosi di una mera questione tecnica e nulla più.

In effetti l’élite (nazionale e transnazionale) finanziò il semisconosciuto Hitler spinta dal grande timore di una rivoluzione bolscevica che così drammaticamente aveva travolto l’impero russo e tutto l’establishment.

Hitler, similmente a Trockij e ad altri ancora, in un primo tempo stette al gioco ma ben preso se ne sganciò. Il leader nazional-socialista ebbe la possibilità di portare a termine questa operazione perché sapeva di poter contare su un largo consenso popolare. Consenso che sostanzialmente non gli venne meno mai.

In ogni caso Hindenburg non avrebbe potuto in nessun modo conferire il potere (assoluto) ad Hitler o a chicchessia se non vi fosse stata una legittimazione popolare.

Infatti la stessa operazione non sarebbe potuta essere portata a termine da leader privi di consenso popolare come per esempio un Monti, un Letta, un Renzi, un Gentiloni etc.

Infine, circa il diffuso consenso popolare, di cui godeva Hitler ed il suo movimento, le cito due fonti attendibili:



Una dello storico francese, notoriamente antinazista, P. Renouvin: “(riferito al Fuhrer)..i suoi atteggiamenti certamente non avrebbero avuto la stessa importanza qualora le masse tedesche non ne avessero subito la forza di attrazione. L’adesione che nel 1933 gran parte del popolo tedesco diede liberamente alla dottrina nazista assieme alla fiducia accordata al suo capo, sono punti che hanno la loro massima importanza”.

L’altra, riportata dal giornale londinese “Daily Express” del 17 Novembre 1936, di David Lloyd George, Primo Ministro britannico durante la Prima Guerra Mondiale, che di ritorno da un viaggio in Germania, ebbe a dire:

" Qualunque cosa si possa pensare di questi metodi e certamente non sono metodi di un paese con governo parlamentare, non c’è alcun dubbio che è stata raggiunta una meravigliosa trasformazione nello spirito della gente, nel loro atteggiamento reciproco e nel loro aspetto sociale ed economico... Per la prima volta, dalla fine della guerra, c’è un generale senso di sicurezza. La gente è più allegra. C’è un maggior senso di felicità spirituale generale in tutta la nazione. E’ una Germania più felice. L’ho visto ovunque, e degli inglesi che ho incontrato durante il mio viaggio, e che conoscevano bene la Germania, erano colpiti dal cambiamento”.

Distinti saluti.

Rispondi

Tibidabo 06 febbraio, 2017 09:42

Gentile @Catilina,

guardi che non c'è solo l'élite a porsi il problema in termini di:

"Come faccio a mantenere la mia posizione di egemonia facendo passare per 'giusto' ciò che favorisce il mio interesse?"

C'è di peggio.

C'è la classe media che si chiede:

"Come faccio a mantenere la mia rendita di posizione e trasmetterla ai miei figli impedendo alle classi lavoratrici o meno abbienti di insidiare il mio benessere?"

E la risposta, come possiamo leggere dalle sue entusiastiche sovrabbonanti argomentazioni è:

"Devo sottomettermi a una autorità qualsiasi purché voglia garantirmi. In cambio farò da cuscinetto contro le pretese di diversa distribuzione della ricchezza e maggiore partecipazione al momento di decisione politica che le classi lavoratrici e meno abbienti vorrebbero imporre tramite il rischiosissimo strumento della democrazia".

La classe media, nella sua miopia (o meglio "meschino opportunismo di corto respiro") ha fatto precisamente questo ragionamento a partire dell'inizio degli anni ottanta arrivando a votare in massa per la Thatcher e per Reagan.

Naturalmente però, dopo aver contribuito a sconfiggere il lavoro e i sindacati, la funzione di cuscinetto della middle class non aveva più alcuna utilità per le élite e come vediamo in questi ultimi anni è cominciato l'attacco anche per la classe media.

Che però non capisce e continua a temere la democrazia, a scartare a priori una convergenza di interessi con le classi lavoratrici e meno abbienti, a cercare caninamente l'ennesima autorità sotto la cui nobile cappella nascondersi come ha sempre fatto.

Tanto poi c'è Pareto con il ricambio delle élite che sistema tutto, no?

Purché non si faccia il ricambio della classe media, ben inteso...

Rispondi

Il Pedante 06 febbraio, 2017 12:22

Caro amico, Lei tocca il cuore della questione. Provo sempre un certo imbarazzo intellettuale nel parlare di élite, che naturalmente esistono in termini fisici ed economici, ma che altro non sono che l'ultimo gradino del privilegio. È vero, la volontà di proteggere il proprio benessere escludendo chi sta sotto agisce a tutti i livelli e finisce per TRADIRE TUTTI, ovviamento partendo dal basso.

Rispondi

Tibidabo 06 febbraio, 2017 15:01

Gentile @Il Pedante,

scrivevo in fretta all'aeroporto e nel copincolla ho perso la conclusione.

Volevo chiudere cosí:

"Purché non ci sia il ricambio della classe media...ben inteso, altrimenti...votiamo Hitler..."

I rapporti fra le classi nella piramide sociale in occidente sono non solo complessi ma "intorcinati" in un groviglio di ammirazione, invidia, desiderio di distinzione, desiderio di essere cooptati, disprezzo a livelli di casta indiana, complicità indecenti e tradimenti dei propri compagni di ceto sociale, talmente vergognosi che ci si trova costretti a nascondere a sé stessi l'ambiguità delle proprie motivazioni.

Andate a vedere con obiettività "chi" ha votato Hitler e "perché" e vi avvicinerete a quell'indicibile che fonda la società umana.

PS: Come è avvenuta la crisi? Principalmente per un fatto di cui stranamente nessuno parla e cioè perché per motivi "misteriosi" non si insegna economia nelle scuole.

Immagini un Italia conscia della gravità per esempio del pareggio di bilancio "in Costituzione". Sarebbe successo il finimondo e invece fino a oggi la gente scende in piazza esclusivamente per le sciocchezze come il matrimonio dei gay.

O in America, l'allarme che con più istruzione sul tema avrebbe suscitato l'espansione incontrollata del credito concesso senza garanzie, della sua cartolarizzazione e del conflitto di interessi delle agenzie di rating che valutavano quei prodotti finanziari derivati e poi ci compravano i cds che scommettevano contro.

Se crede un suo articolo sulla assoluta necessità di inserire economia e storia economica a partire dalle scuole medie potrebbe avere una risonanza.

Rispondi

Il Pedante 06 febbraio, 2017 15:38

Non sono d'accordo. Il fatto che i maggiori diffusori di menzogne economiche siano proprio i laureati in economia, spesso addirittura docenti, segnala la grave insufficienza dei saperi tecnici nel cogliere le dinamiche di forza tra gli attori sociali. La tecnicizzazione, lo si è visto fin troppe volte in questi anni, è una cortina fumogena per nascondere i fini politici dei provvedimenti. Occorre invece una solida struttura filosofica con cui discriminare gli strumenti dai fini, i valori dai feticci.

Rispondi

Mikez73 06 febbraio, 2017 17:07

@ carissimi

secondo me servono tutte e due, della serie trivio e quadrivio: numeri e parole, strutture economico-finanziarie e filosofiche, altrimenti la visione è monca.

Anche a me, come a Tibidabo, è capitato di pensare alla necessità di inserire economia, storia economica (e aggiungerei finanza) nei curricula scolastici fin dalla più tenera età. L'ignoranza delle più elementari nozioni di base al riguardo è mostruosa, abissale. Per la vita sociale, e la propria sopravvivenza, hanno la stessa importanza del conoscere l'alfabeto, le regole di base della grammatica o come è fatto il proprio corpo.

Rispondi

Catilina 06 febbraio, 2017 17:41

Gentile @Tibidabo,

Le rispondo solo per puntualizzare che Lei mi ha attribuito dei virgolettati e delle idee che non ho né scritto e né pensato e quindi non mi appartengono.

Forse dovrebbe rileggersi con maggiore attenzione le mie "entusiastiche sovrabbondanti argomentazioni", come Lei le ha definite.

Inoltre pur valutando interessanti gli argomenti da Lei messi sul tappeto rilevo che essi siano off-topic e pertanto dovrebbe essere il Pedante, moderatore di questo blog, a decidere la loro eventuale trattazione.

Distinti saluti.

Rispondi

Tibidabo 07 febbraio, 2017 03:43

Gentile @Mikez73,

meda ase, madanfou.

A parte l'occasione colta per dei ringraziamenti nostalgici in Twi il punto chiave è proprio nella ignoranza da parte della maggioranza in economia, finanza e natura della moneta.

Queste materie sono l'odierno latinorum con cui l'élite mantiene la sua egemonia che gli consente da secoli di esercitare l'assoluto dominio e sfruttamento sulle classi subalterne.

Sembra ovvio eppure come vedi anche una persona come Il Pedante, che la pensa in maniera non allineata sotto molti altri aspetti, non lo accetta.

Ci sono degli "indicibili" alle fondamenta della società umana e chi li ha capiti - o per la precisione "chi si trova nella posizione di poterli pensare e poterne parlare liberamente davanti a sé stesso e agli altri" - comanda.

Sizobonana

PS: ci sono i click in lingua zimbabwese?

Avevo imparato tutti meno quello di gola che mi veniva appena accennato.

Qui una gentile studentessa spiega come si fanno i click in Xhosa.

Intanto il timbro della voce della signorina che definire "caldo" non rende l'idea...lasciamo perdere...

Poi la sentirete a mano a mano pronunciare parole e frasi nella sua lingua.

Ascolterete quindi come delle leggere interferenze, dei lievi schiocchi che attribuirete all'inizio a difetti di registrazione.

No, sono i "click" delle lingue dal Kalahari in giù.

A minuti 2:19 pronuncia "lgolo", schiena, e lí c'è il click di gola che ha un suono davvero preistorico.

https://m.youtube.com/watch?v=eM5dqjPZVOg

Rispondi

Il Pedante 07 febbraio, 2017 12:34

Mi perdoni, non è che non lo accetto. Mi limito a rilevare empiricamente come ciò non ha aiutato neanche nei casi dell'istruzione superiore e universitaria. Più probabilmente si dovrebbe insegnare direttamente come il latinorum economico serva progetti egemonici di natura politica, ma a quel punto, se una cosa del genere si insegnasse nelle scuole, significherebbe che ne siamo già fuori.

Rispondi

Tibidabo 07 febbraio, 2017 13:07

Gentile @Il Pedante,

il suo è un ottimo argomento ma il problema è che all'università ci arrivano già condizionati e timorosi di contraddire il professore dai quali dipendono molto più che al liceo.

Inoltre se forse quello che dice vale per la maggioranza di certo una parte pur minoritaria un minimo di consapevolezza la acquisterebbe. Quantomeno aprirebbero gli occhi prima nei momenti importanti.

Di certo non peggiorerebbe la situazione.

Rispondi

Ippolito Grimaldi 28 gennaio, 2017 23:58

Cattoluogocomunismo.

Il compromesso storico tra ignoranza ed autorità religiosa.

Rispondi

Laura B. (aka Pietro) 28 gennaio, 2017 17:20

Non per essere pedanta, ma la violenza contro la storia è violenza contro le donne, prima che contro il genera umana. In base alle nuove norme di correttezza non sarebbe il caso di rivedere il sottotitolo dell'articola?

Rispondi

Bombadillo 27 gennaio, 2017 23:50

Caro Pedante.

la verità è che Bergoglio non è cattolico più di quanto io non sia mussulmano.

Allora, però, senza il bisogno di entrare in "dotte" disquisizioni -tra papi formali e materiali, aut similia-, lascio al buon senso di ognuno considerare se la banale circostanza di essere cattolico sia, o meno, un pre-requisito per essere il Pontefice romano, oppure no, e trarne le dovute conseguenze.

Beninteso, non che ciò valga solo per Bergoglio, ma pure per i suoi immediati antecessori.

Rispetto a loro, però, Bergoglio mi ricorda la frase di quel tomista:

La Chiesa è intollerante di principio perché crede, e tollerante nella pratica perché ama.

I nemici della Chiesa sono tolleranti di principio, perché non credono, intolleranti nella pratica, perché non amano.

Tollerante di principio, intollerante nella pratica: bisognerebbe metterci la foto di Bergoglio accanto a questa definizione.

Bergoglio, per altro, è un convinto supporter del progetto mondialista, per cui le identità, le differenze, sono in se cattive, mentre è necessario che tutto il genere umano sia ridotto ad un magma indistinto per sesso, razza, religione, nazionalità, costumi (e, ovviamente, consumi). Chiunque si oppone a questo progetto è anch'esso cattivo. Quindi, siccome è il voto popolare che, in questo ultimo periodo, si sta opponendo al tanto amato processo/progetto mondialista in corso, allora il voto popolare dev'essere cattivo.

La cosa migliore da fare con Bergoglio è ignorarlo.

Tom

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Lisa 05 febbraio, 2017 19:22

Gentile @Bombadillo, spero di potermi definire cattolica, e con me Bergoglio si parva licet, pur senza essere conservatrice. La tolleranza nei principi, unita alla tolleranza nella pratica di cui non credo il papa difetti, mi pare oltremodo necessaria per togliere ai conflitti i troppi alibi religiosi. Basta con i tanti "Dio lo vuole!". Quanto all'argomento in discussione, non mi pare che Bergoglio dica niente di diverso da quello che si è sempre detto, e con qualche ragione, a proposito del potere al popolo che talvolta conduce alla tirannide. Ma su questo ho letto moti bellissimi e approfonditi commenti in calce al pregevole pezzo del Pedante. A lei, sig. Bombadillo, volevo pure far notare che la chiesa ha, per sua natura, aspirazione universale e che questo, pertanto, non fa di Bergoglio un pude man. Infine, in questi tempi difficili, il papa mi è sembrato addirittura l'ultimo comunista rimasto al mondo. Ovviamente questo può indisporre chi è di destra. Chiudo con i miei complimenti al padrone di casa. Leggerla, che si sia o meno d'accordo con lei, è un profondo piacere.

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akim 27 gennaio, 2017 21:17

ottimo, ne traggo una mia piccola conclusione, che non è il voto popolare il pericolo e l'origine della dittatura ecc. ecc. ma che il voto popolare non è nemmeno sufficentemente efficace ad evitarla quando il sistema si imballa e fornisce solo risposte sbagliate ai problemi che non vuole/non può affrontare

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Leprechaun 27 gennaio, 2017 13:48

La storia che il fascismo e il nazismo sono stati mandati al potere da elezioni è la balla costantemente ripetuta dai liberali per sostenere la tesi che in fondo questa democrazia mica le combina sempre giuste, bisogna diffidare ... sopratutto se vota il popolino. Il qule è - va da sé - populista.

Evidentemente per loro la Marcia su Roma era una elezione (ricordate il motto? "O Roma o Orte!", stazione quest'ultima dove il treno degli squadristi fu bloccato per ore in attesa della conclusione delle trattative con l'establishment liberal-conservatore. Oppure la nomina di Hilter a Cancelliere con un Parlamento dove aveva circa il 18% dei voti contro il 24% dei socialdemocratici più tutti gli altri, anche quella era una "elezione".

Non se ne puo' più, togliamogli la licenza media.

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Enrico 30 gennaio, 2017 13:47

Gentile @Leprechaun, non sono sicuro a quale elezioni in particolare si riferisca tra le tante che ci sono state nella repubblica di Weimar tra il 1932 e il 1933, tuttavia mi sembra di ricordare che in tutte quelle elezioni il partito nazionalsocialista era sempre ben al di sopra del 30%, e di gran lunga, primo partito del Reichstag.

La nomina di Hitler a cancelliere fu senz'altro un errore, ma altri incarichi erano falliti, ed era abbastanza chiaro che non era possibile alcun governo senza i nazionalsocialisti.

Ovviamente la strategia della tensione, la violenza diretta contro gli avversari politici, la paura diffusa di una rivoluzione comunista (alimentata dal rogo del parlamento) hanno giocato un ruolo importantissimo, ma se il consenso elettorale si fosse fermato al 18%, la storia probabilmente sarebbe stata diversa.

Populista non è la scelta del popolo, populisti sono movimenti politici che ingannano il popolo con paure e promesse infondate.

Il problema, casomai, è distinguere quali promesse e paure siano infondate...

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Laura B. (aka Pietro) 30 gennaio, 2017 17:39

Gentile @Enrico,

le vorrei ricordare che al tempo le donne non votavano, altrimenti col cavola che Hitler sarebbe andato al potere. Dopo il 45, quando fu istituito un giudizio più universale, le cose mi pare siano migliorate sensibilmente.

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Pietro (aka Laura B. ) 30 gennaio, 2017 17:42

Gentile @Enrico,

Nel testo che ho io, di Henry A. Turner Jr, I trenta giorni di Hitler, alle ultime elezioni prima dell'incarico, il partito nazista prese il 37,4%. In ogni caso, era il partito di maggioranza relativa.

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Leprechaun 08 febbraio, 2017 16:01

Gentile @Enrico,

Le ultime elezioni politiche prima del gennaio 1933, quando Hitler fu fatto cancelliere da Hindenburg senza una maggioranza parlamentare, grazie all'intercessione di Von Papen in cambio del vicecancellierato, si sono svolte nel novembre 1932. Qui trova tutti i risultati delle elezioni di quell'epoca:

https://en.wikipedia.org/wiki/Elections_in_Germany

Il partito nazista a novembre 1932 ebbe la maggioranza relativa, ma non la maggioranza dei seggi. Ma nella repubblica di Weimar era diventato usuale che il cancelliere governasse per decreto, grazie agli enormi poteri a lui conferiti. Cosa che avevano fatto sia lo stesso Von Papen sia Bruning, prima di lui.

https://en.wikipedia.org/wiki/German_federal_election,_November_1932

Il partito di Hitler aveva fatto un balzo indietro in termini di voti (al 33% dal 37% del giugno 1932), perdendo 34 seggi.

https://en.wikipedia.org/wiki/German_federal_election,_July_1932

SPD+Comunisti+Zentrum nel novembre 1932 avevano il 49,22% dei voti e 291 seggi sui 293 necessari alla maggioranza, a titolo d'esempio.

Altre soluzioni ce n'erano a josa, tenendo conto che faranno poi cancelliere uno che aveva 196 seggi, ed era pure in calo di consensi.

Nelle precedenti elezioni, del 1930, in testa era lo SPD (25%), e il partito nazista aveva il 18%. Ma era prima della "cura Bruning", che porterà la disoccupazione al 30%.

Lo stesso Hindenburg era riluttante a nominare Hitler, ma furono le pressioni dell'establishment a prevalere.

Nelle elezioni del marzo 1933, dopo l'incendio del Reichstag, e ormai al potere, arriverà al 43,91% con 288 seggi sui 324 necessari per la maggioranza.

https://en.wikipedia.org/wiki/German_federal_election,_March_1933

La Repubblica di Weimar non era una repubblica parlamentare nel senso che ha oggi questa parola.

Somigliava piuttosto allo Stato federale Prussiano dei tempi di Bismarck, con il presidente nei panni dell'Imperatore.



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ws 27 gennaio, 2017 08:21

fino a poco tempo fa , sia per l' italia che per la germania l'alleanza tra "fascismi" e grande industria ( tra l' altro pure foriera di danno in tempo di guerra per l'impossibilita' di una produzione standardizzata di massa che poi intervenne solo a "guerra persa" ) veniva riportata sui libri di scuola.

E' evidente quindi la volonta' orwelliana dell' elite al potere e dei suoi camerieri ( tra i quali va annoverato anche "el papa" ) di riscrivere la storia per controllare ancora il futuro.

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Marco Antonicelli 26 gennaio, 2017 15:09

Ottimo come sempre, anche divertente (malgrado gli argomenti trattati non lo siano per niente).

Complimenti, è sempre un piacere leggerti.

grazie, in attesa del prossimo.

M

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Cincinnato 26 gennaio, 2017 13:09

Concordo su tutto. Pero' in tempi di sballo per il maggioritario quel 43% preoccupa. I due concorrenti a superare quota 40% alle prossime elezioni, sempre che il parlamento non cambi il dispositivo della sentenza della Corte, sembrano avere una visione autoritaria, personalistica e padronale del potere. Niente a vedere con Hitler, ci mancherebbe ma la storia si presenta indifferentemente con il dramma o con la farsa. Alcune volte contemporaneamente.

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Walter 26 gennaio, 2017 12:03

Complimenti, come al solito pedantemente preciso.

Grazie.

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Gianni Colombo 26 gennaio, 2017 09:49

Chapeau davvero. Complimenti per questo pezzo. Nulla da aggiungere. Anzi, tutto da divulgare e condividere.

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Alessandro S. 25 gennaio, 2017 23:33

Una pregunta: è prevista la traduzione di questo post in altre lingue? Sarebbe, credo, molto utile divulgarlo il più possibile. Poche cose hanno avuto conseguenze disastrose quanto la (volutamente?) lacunosa e "sbilanciata" narrazione di quel periodo storico.

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Raul Schenardi 25 gennaio, 2017 23:15

Il Pedante è costretto perfino a dare lezioni di storia a El Papa... nota impeccabile, come sempre, chapeau e grazie

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The Max 25 gennaio, 2017 22:28

Parlando con un amico tedesco sopra i 70 anni, alla esternazione che Hitler sarebbe stato un genio (anche se del male) per essere riuscito a prendere il potere, lui rispose: non era un genio, la gente stava talmente male che hanno votato il primo che prometteva di salvarli...

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Fabio 25 gennaio, 2017 21:37

Francesco è sempre più ministro della propaganda del pude e sempre meno papa

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Luca 25 gennaio, 2017 19:47

Da cattolico, è durissima convivere con la continue esternazioni di Bergoglio (e non solo: ricorderà le foto tipo National Geographic sulla facciata di S. Pietro).

A volte è umiliante sentire le proprie profonde convinzioni mercificate, banalizzare, anche distorte da chi invece dovrebbe averne maggiormente cura.

Lei, col consueto acume, e sia pure con finalità diverse, ha messo il dito nella piaga.

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Il Pedante 25 gennaio, 2017 20:16

Spero non la stupirà sapere che sono anche io di religione cristiana.

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Alessandro S. 25 gennaio, 2017 19:34

Grazie. Splendido articolo, come sempre del resto. Non ha idea di quante battaglie ho fatto per far capire a qualcuno che Hitler fu la "conseguenza"... Una sola nota: se rilegge bene troverà qualche refuso in più del solito.

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Elu ei 25 gennaio, 2017 18:47

Contro l'autoritarismo ci vuole più autoritarismo, insomma.

Be', è pur sempre il Papa. Però mi manca assai il caro vecchio "Ortre il Giardino", pure se questo nuovo "buca er video".

Ancora una volta, grazie per il Suo lavoro ad extirpanda zizania.

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Fabrizio Cordoni 25 gennaio, 2017 18:16

Grazie infinite per la sua capacita'di sintesi

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